I "corvi" del Patriarcato sono due milanesi di 75 e 44 anni: smascherati da un video

Sabato 23 Maggio 2020 di Nicola Munaro
Uno dei volantini affissi a Venezia dal corvo
1
VENEZIA È una storia che ha per luogo Venezia e il suo cuore, tra Rialto e San Marco. Una storia che inizia negli ultimi giorni del gennaio 2019 e termina alcuni mesi dopo, ad agosto. Una storia fatta di immagini d’altri tempi, di corvi che gracchiano sputando veleno, di volantini diffamatori comparsi nella notte attaccati agli incroci delle calli o nei campi vicini alle chiese, ad attaccare le gerarchie della chiesa di San Marco, dal patriarca Francesco Moraglia in giù, toccando ad ogni puntata un collaboratore diverso. Accuse di orge e tesoretti, di notti lascive e pedofilia. 
Una storia arrivata in queste settimane al capitolo finale. Il sostituto procuratore Massimo Michelozzi ha infatti chiuso sui volantini infamanti firmati da un fantomatico “Fra.Tino”. E dall’indagine coordinata dalla magistratura e condotta dai carabinieri di Venezia emerge che i corvi, in realtà, sono due.

GLI INDAGATI: DUE MILANESI
Diffamazione aggravata, questa l’accusa contestata dal pm a due milanesi: E.D.G, di 75 anni e G. B., di 44 anni, a cui in questi giorni è stato notificato l’atto di conclusione indagini che li accusa di essere i responsabili delle affissioni notturne nell’area tra Rialto e San Marco. I due, con casa a Venezia, sono stati ripresi diverse volte dalle telecamere che controllano il nucleo storico della città d’acqua ma decisivo è stato un fermo immagine raccolto dagli inquirenti in una calle non distante dalla Fenice. 
Lì le telecamere di sicurezza hanno immortalato il più anziano dei due e lo hanno ripreso in volto mentre, zaino in spalla, si girava per chiamare il socio. Quell’immagine e i volantini comparsi il giorno dopo nei dintorni del teatro lirico di Venezia, hanno rappresentato la classica “pistola fumante” per l’inchiesta, il punto di svolta da cui l’indagine di carabinieri e procura ha avuto l’accelerata decisiva, portando anche i carabinieri a perquisire un appartamento nel cuore di Venezia. 
Per la procura i due milanesi redigevano, stampavano e affiggevano i volantini diffamatori, alludendo a  fedeli (uno di loro, Alessandro Tamborini, li ha denunciati) o membri della curia più o meno vicini al patriarca Moraglia. Frasi dal sapore antico che dicevano e non dicevano, storpiando i nomi dei protagonisti ma non così tanto da renderli irriconoscibili a chi le chiese e il tessuto sociale di Venezia lo conosce.
Il primo volantino, si legge nelle carte, è comparso il 31 gennaio 2019, l’ultimo il 6 agosto. In mezzo circa una decina di fogli, alcuni dei quali non affissi ma inviati per mail: uno anche alla redazione della cronaca di Venezia de Il Gazzettino. A firmare e pubblicarli, sempre il «povero Fra.Tino». Scritti che hanno spinto il Patriarcato a firmare una denuncia contro ignoti dando così il via formale all’indagine penale. 

IL CASO D’ANTIGA
La vicenda dei volantini sarebbe legata a doppio filo con il caso di don Massimiliano D’Antiga, l’ex parroco di San Zulian e San Salvador che l’8 dicembre 2018 è stato rimosso dal suo incarico e trasferito nella Basilica di San Marco per volere del patriarca. Dopo aver accettato il trasferimento come una condanna e non essere mai entrato in servizio a San Marco, don Massimiliano D’Antiga, che conoscerebbe i due milanesi accusati di essere i corvi del Patriarcato, era stato sottoposto a processo canonico con l’accusa di disobbedienza nei confronti del proprio vescovo non avendo accettato il cambiamento d’incarico. Il processo è arrivato alle battute finali dopo una processione di testimoni, tra i quali lo stesso patriarca Moraglia e i fedeli delle due chiese guidate fino al 2018 da don Massimiliano.
Ultimo aggiornamento: 12:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci