Shiraz, le nuove norme cancellano i guadagni: «Se apriamo falliamo»

Mercoledì 13 Maggio 2020 di Denis Barea
Shiraz, le nuove norme cancellano i guadagni: «Se apriamo falliamo»

TREVISO - Prima del Covid-19 era uno dei locali simbolo della movida trevigiana, ma adesso lo Shiraz di via Municipio rischia la chiusura definitiva. «A queste condizioni noi non riapriamo - dice il titolare Robarto Torresan - e se decidiamo di restare chiusi in attesa che il governo emani linee guida più chiare resistiamo un mese. Francamente vedo la situazione molto fosca, il rischio di abbassare la serrande una volta per tutte è concreto». Torresan, che fa parte del coordinamento Treviso Imprese Unite, ha fatto due conti che non riesce però a far tornare. «Le regole sul distanziamento sociale - dice - ci impongono limitazioni che riducono al 30% gli incassi del locale. Dentro, per esempio, riesco ad accomodare non più di 12 persone.

«In osteria con mascherine e distanziati, non entrerà più nessuno»

Fuori invece il ragionamento svolto con il Comune era di allargare lo spazio per i plateatici ma bisogna vedere come fare. Una soluzione che sembrava praticabile era quella di trasformare la via antistante al locale in una ztl che alla sera veniva chiusa, lasciando solo una corsia per i residenti. Ma ci vogliono i tempi tecnici per le valutazioni, devono uscire i vigili per verificare la fattibilità. Impossibile fare tutto entro lunedì prossimo. Il punto è che essere aperti e avere a disposizione solo il 30% dei posti teoricamente utilizzabili significa mettersi in un vero cul de sac. Per quanto resisti? Il consulente ci ha fatto una previsione: in questo modo si tiene duro massimo 5, forse 6 mesi, il tempo di arrivare a settembre e dover pagare le imposte che non sono state cancellate ma semplicemente spostate in avanti. Poi il banco salta». 

«Il locale è grande distanzio i tavoli, non so come faranno i locali piccoli»

L'ALTERNATIVA
Un'alternativa però ci sarebbe. «L'altra possibilità è tenere chiuso e resistere un mese. Io sono uno dei pochi che ha ricevuto i 25 mila euro dalla banca, li ho usati per pagare i fornitori e una parte è stata usata per saldare le maestranze che sono in cassa integrazione ma non hanno ricevuto nulla. È gente che ha figli piccoli e che in qualche modo deve tirare avanti. Ma al termine di quei 30 giorni cosa si fa? A essere onesto sono due mesi che non pago l'affitto perché i soldi in banca sono finiti e gli aiuti che lo Stato aveva promesso non arrivano. Ci hanno lasciato intendere grandi cose all'inizio di questa pandemia, sembrava che nessuno sarebbe stato lasciato indietro e invece l'unica cosa che c'è sono i prestiti bancari per gli imprenditori e una cassa integrazione per i dipendenti che non si vede. E nel frattempo alcune imposizioni fiscali locali vanno avanti: è arrivata la bolletta di Contarina e sono 4 mila euro da pagare, in questo modo non si può tirare avanti. E come noi c'è anche la Roggia, altro locale storico, alle prese con lo stesso dilemma: apro e fallisco o non apro e chiudo lo stesso». 

LE ASPETTATIVE
Torresan si aspetta molto di più dal decreto che il governo varerà nelle prossime ore. «È tempo di fare le cose sul serio - sostiene - gli aiuti servono in maniera urgente ma devono essere concreti, sotto forma di soldi a fondo perduto.

Nel caso delle tasse non basta dire che le scadenze di maggio vengono prorogate a settembre, occorre intervenire con una moratoria che consenta di riaprire con un po' di serenità, cancellando alcune scadenze come del resto è stato fatti dagli enti locali, ad esempio con la tassa di occupazione del suolo pubblico. Quanto alle prescrizioni sulla sicurezza, le norme devono fare i conti con la realtà. Siamo chiusi da più di due mesi: è necessario che la politica si metta una mano sulla coscienza e che ci dia gli strumenti per poter resistere. Non siamo solo noi a chiederlo, un intero settore sta soffrendo una crisi senza precedenti e ci sono decine e decine di posti di lavoro che sono messi in pericolo».

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