Coppia di medici guarisce dal Covid e pubblica uno studio sull'epidemia

Martedì 12 Maggio 2020 di Mauro Favaro
Coppia di medici guarisce dal Covid e pubblica uno studio sull'epidemia
Hanno attraversato la malattia assieme, tra febbre, tosse e perdita di gusto e olfatto. Il coronavirus li aveva colpiti a fine marzo, a quattro giorni di distanza l'uno dall'altro. Dopo il periodo di isolamento assoluto e la guarigione confermata dai tamponi, sono tornati al lavoro nell'ospedale a Treviso. E adesso hanno pubblicato uno studio su una rivista scientifica internazionale che codifica il Modello Veneto nella lotta contro il Covid-19. Loro sono Ugo Grossi e Carla Felice, marito e moglie di 37 anni, entrambi medici in servizio al Ca' Foncello, lui in Quarta chirurgia e lei nel settore della Medicina d'urgenza del pronto soccorso. «Ci siamo interessati in modo specifico al coronavirus dopo aver vissuto gli effetti del contagio sulla nostra pelle», spiega Grossi. I due medici hanno analizzato la diversa risposta alla pandemia data in Veneto e in Lombardia. La chiave di volta è stata la decisione di effettuare test a tappeto. Il Veneto è partito prima. La Lombardia, invece, ha inseguito. 

LA RICERCA
Lo studio nel quale Grossi e Felice hanno incrociato i dati, assieme a Giacomo Zanus, direttore della Quarta chirurgia di Treviso, è stato pubblicato sulla rivista Infection control & Hospital epidemiology, legata alla Society for healthcare epidemiology of America, e condiviso anche dall'università di Cambridge. «Tutto è partito da un'evidenza errata giunta dalla Cina. Si diceva che solo l'1% dei contagiati da Covid-19 risultava asintomatico. Invece il problema era sostanzialmente il contrario: sono molte le persone senza sintomi che possono diffondere il coronavirus fa il punto Grossi, chirurgo 37enne originario di Cosenza questo ha influenzato negativamente molti Stati e anche molti singoli territori. L'evidenza è stata poi smentita: solo a Wuhan la quota delle persone contagiate superava dell'80% quelle che erano state realmente dichiarate. Non diamo colpe. Diciamo che il punto di partenza è stato questo». 

LA STRATEGIA GIUSTA
Poi la pandemia è esplosa in Italia. E partendo dall'identico punto, Veneto e Lombardia si sono comportate in modo diverso. «All'inizio entrambi i territori erano sostanzialmente sullo stesso piano. Di seguito, le cose sono cambiate è l'analisi fatta nello studio al 15 aprile nel solo Veneto era stato processato un totale di 44.107 test per milione di persone. Un numero doppio di quello registrato in Lombardia». Il punto di forza del Veneto, e di conseguenza anche quello della provincia di Treviso, è stato l'aver adottato da subito una linea volta a sviluppare la più grande operazione di screening possibile tra i cittadini. All'inizio si diceva che dovevano essere controllate solo le persone che arrivavano dalla Cina. È stata una fortuna non essersi strettamente attenuti a queste indicazioni. Individuando prima anche parte degli asintomatici portatori del virus, è stato possibile avviare un programma di isolamento a casa, contenendo il contagio senza caricare oltre modo gli ospedali. Certo, ci sono stati focolai come quello esploso nella Geriatria di Treviso. Ma era ancora il 25 febbraio. Poi si è riusciti a correre ai ripari. «È stato isolato a casa l'85% dei casi asintomatici o con sintomi lievi sottolinea Grossi questo ha contribuito a rendere meno pesante il carico sul sistema sanitario e ad avere un minore impatto per quanto riguarda il tasso di mortalità, che in Veneto è quasi tre volte più basso di quello registrato in Lombardia». Dopo essere stato colpito dal coronavirus, lo stesso Grossi aveva già messo a punto un questionario dedicato al personale sanitario per iniziare a raccogliere quanti più dati possibili. E anche questo ora verrà pubblicato su una rivista internazionale. Stravolta si tratta del Journal of Community Health. Tra un paio di settimane sarà online. La ricerca continua ad ampliarsi. 
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