Coronavirus, mortalità, in tutti i Paesi i dati non tornano: «Il 60% di vittime in più di quelle ufficiali»

Martedì 28 Aprile 2020 di Diodato Pirone
Coronavirus, mortalità, in tutti i Paesi i dati non tornano: «Il 60% di vittime in più di quelle ufficiali»

Non solo in Lombardia o nel nord Italia ma in tutto il mondo i morti da coronavirus sono molti di più di quanto registrato ufficialmente. Lo rivela un’analisi pubblicata dal Financial Times secondo la quale i decessi complessivi da Covid sarebbero 122.000 e non 77.000 come segnalato dalle autorità fino a qualche giorno fa. In percentuale si tratterebbe di un aumento del 60%.

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Il Financial Times ha messo a confronto i dati di 12 nazioni e di 6 aree urbane (la provincia di Bergamo per l’Italia) scoprendo che le morti registrate alle anagrafi - con la parziale eccezione di Danimarca e Portogallo - sono enormemente più alte delle medie dei decessi avvenuti nello stesso periodo dal 2015 al 2019. La somma dei dati è a sua volta molto più alta delle morti per Covid che le autorità rendono note.

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Il fenomeno è diffuso un po’ ovunque. Ed è confermato anche dal Paese occidentale che è stato colpito per ultimo ma in modo pesantissimo: gli Stati Uniti. Ieri, infatti, la Washington Post ha diffuso i clamorosi dati raccolti dalla Scuola di salute pubblica dell’Università di Yale. Ebbene dall’inizio di marzo al 4 aprile, negli Stati Uniti ci sono stati circa 15.400 morti in più rispetto alla media storica, quasi il doppio delle vittime attribuite in quello stesso periodo ai contagi da Covid che superano di poco quota 8.000. Lo studio conferma che i decessi legati al coronavirus negli Usa sono molti di più di quelli delle stime ufficiali, sia a livello federale che a livello dei singoli Stati.

IL BUCO DELLE CASE DI CURA
Ma torniamo all’analisi del Financial Times. Il prestigioso quotidiano economico quantifica l’aumento del tasso di mortalità nei vari paesi fra marzo e aprile con percentuali impressionanti: +60% in Belgio, +51% in Spagna, +42% nei Paesi Bassi e +34% in Francia. I dati italiani spiccano su tutti con un catastrofico +90% ma lo stesso quotidiano britannico li distingue con un asterisco per spiegare che si tratta di dati parziali relativi solo a un sottoinsieme (per l’esattezza il termine usato è “subset”).

Il che fa pensare che i giornalisti londinesi abbiano usato i dati forniti all’Istat da un limitato gruppo di Comuni.

Nel disastro globale spiccano alcuni Paesi dove l’epidemia sembra aver lasciato una traccia meno feroce. La Danimarca segna un incremento della mortalità del 5% e poi Austria e Portogallo con percentuali di maggiore mortalità intorno al 10%.

Quali le ragioni di queste enormi differenze fra mortalità effettiva e quella attribuita al Covid? Il Financial Times cita David Spiegelhalter, professore della comprensione pubblica del rischio all’università di Cambridge, secondo il quale i conteggi giornalieri nel Regno Unito, ad esempio, sono “troppo bassi” perché riguardano solo i decessi in ospedale. Il governo scozzese - per non andare troppo lontano - invece registra anche i morti nelle case di cura che equivalgono al 25% del totale.

L’analisi del Financial Times segnala anche un altro dramma di questa pandemia: la concentrazione dei decessi nelle grandi aree urbane. I numeri forniti sono drammatici. A Guayas in Ecuador sono stati registrati 245 morti per Covid ma l’anagrafe ne segnala ben 10.100. Il giornale inglese riprende anche l’inchiesta del quotidiano l’Ecodi Bergamo che per primo scoprì l’incremento del 463% della mortalità nella provincia di Bergamo. Impennata del 299% a New York (numeri parziali perché a Manhattan l’epidemia ha appena raggiunto il picco) e del 161% a Madrid, del 122% a Parigi e del 96% a Londra dove - ricordiamolo - il picco epidemico è ancora lontano.
 

Ultimo aggiornamento: 11:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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