Coronavirus, App Immuni, i test sono già partiti: si potrà scaricare gratis,
l’ok con un decreto legge

Giovedì 23 Aprile 2020 di Cristiana Mangani
Coronavirus, App Immuni, i test sono già partiti: si potrà scaricare gratis, l ok con un decreto legge
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La sperimentazione è già partita su alcune centinaia di persone, ma perché la app Immuni anti coronavirus sul tracciamento dei cittadini diventi una cosa reale, ci vorrà ancora parecchio tempo. Restano, infatti, da definire due questioni fondamentali: dove verrà conservato un eventuale server per la raccolta dei dati e chi lo gestirà concretamente.

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Inoltre, in che modo, i dati già in possesso nei pc delle Aziende sanitarie locali potranno dialogare con “Immuni”. Tutti temi che si stanno discutendo in queste ore, insieme con una serie di ipotesi che vanno dalla conservazione in una caserma o in una struttura di proprietà del ministero della Difesa o dell’Interno, alla movimentazione e alla gestione di tutta questa massa di informazioni, per la quale è ancora chiamata in causa la Difesa.

L’ITER
Nel frattempo, Bending Spoons, la società di sviluppo che si è aggiudicata il bando, sta lavorando senza sosta per far sì che il sistema risponda in pieno alle richieste del governo. E solo dopo che il modello definitivo verrà consegnato, probabilmente tra una settimana o poco più, inizierà un’altra fase, quella parlamentare. È quasi certo, infatti, che le norme che regolamenteranno l’uso dell’app vengano inserite nel decreto legge economico annunciato per il 10 maggio.

 



Intanto, quello che è noto dell’applicazione, è che potrà essere scaricata da Apple store e da Google play gratuitamente. A breve, poi, in base all’accordo recente tra le due società, i sistemi Ios e Android potranno comunicare tra di loro anche via bluetooth. Si era ipotizzato di utilizzare un sistema decentralizzato, quindi con la gestione dei dati affidata solo all’utente interessato, senza server o cloud. Ma questo vorrebbe dire un doppio gesto di volontarietà del cittadino: scaricare l’app, e in caso di positività al virus, inviare l’alert. Decisamente troppo per chi già fa fatica ad accettare un monitoraggio dei propri spostamenti.

E quindi il tema sembra essere tornato a una gestione pubblica e italiana. Inoltre, in questi giorni si sta ragionando anche sui tecnici che dovranno occuparsene. L’America ha creato dei veri e propri team di specialisti che hanno il compito “di indagare” sul contagio e sulla diffusione di Covid-19. In Italia, anche la Regione Lazio ha predisposto qualcosa di simile, e di recente le Asl, attraverso la Protezione civile, hanno chiesto al Viminale di poter utilizzare la piattaforma per risalire ai numeri di telefono delle persone, in modo da comunicare rapidamente con chi potrebbe essere stato contagiato perché entrato in contatto con un positivo. 

Sono in tanti a voler capire bene cosa rappresenterà questa app per la sicurezza degli italiani. Tanto che nei giorni scorsi, il Copasir aveva valutato la convocazione del commissario straordinario Domenico Arcuri, firmatario dell’ordinanza su “Immuni”. Ma poi la decisione è stata cambiata perché Arcuri non aveva avuto un ruolo nella scelta. Da qui la decisione di ascoltare Paola Pisano, per chiedere quale sia la composizione societaria della Bending Spoons, con sede a Milano e ben 48 soci: tra di loro anche il fondo Nuo Capital, che investe in Italia con capitali cinesi. Il Comitato da tempo batte sulla necessità di alzare l’attenzione sulle possibili interferenze straniere che passano anche dall’impiego di tecnologie. Ecco perché sarà convocato anche il direttore del Dis, Gennaro Vecchione, e il suo vice, l’esperto cyber Roberto Baldoni.

L’AZIONARIATO
Alle perplessità del Copasir, comunque, Pisano replica indirettamente: «Il governo è tranquillo riguardo all’azionariato della Bending Spoons - dice - Questa società è detenuta per il 90% da 4 imprenditori italiani, è una startup del nostro territorio, e per un 10% da soggetti privati e da fondi». Mentre sulla questione privacy ha tagliato corto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: «Ci facciamo geolocalizzare anche quando dobbiamo ordinare una pizza con una app - ha dichiarato -, e ora che facciamo una app, facoltativa e senza penali per chi non la usa, scoppia la polemica sulla privacy». Per il garante Antonello Soro, comunque, resta prioritario che i dati vengano gestiti «da un’autorità pubblica, trasparente e controllabile». E “Immuni” - ha aggiunto - «avrà valore solo se si faranno anche i tamponi».

 

Ultimo aggiornamento: 17:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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