Chiara & Francesco, la coppia "stellata" di chef
«Lui cucina, io mangio». «Io studio e sperimento»

Martedì 21 Aprile 2020 di Chiara Pavan
COPPIA STELLATA Gli chef Chiara Pavan e Francesco Brutto
TREVISO Tra i due, a cucinare in casa è soprattutto lui. «Mi vizia. È magnifico restare rinchiusi con un cuoco così». Soprattutto se “il cuoco così” si chiama Francesco Brutto, l’audace chef stellato di Undicesimo Vineria, vero e proprio talento della ristorazione italiana. Non che lei sia di meno: incoronata “cuoca dell’anno 2019” dalla guida dell’Espresso, proprio come il compagno nel 2016, e resident chief dello stellato “Venissa” di Mazzorbo, nella laguna di Venezia, Chiara Pavan (nessuna parentela con chi scrive, ndr) si gusta felice i piatti che Francesco inventa per lei nella casa di Treviso: «Mi prepara tortellini col brodo, minestrone di verdure, il tiramisù... e poi pesce al forno, insalata di puntarelle, l’altro giorno mi ha fatto una strepitosa omlette di “canoce”. Sono davvero fortunata». Coppia stellata di chef, che oltre alla casa trevigiana condivide la cucina del veneziano Venissa dove la veronese Pavan, classe 1985, è approdata qualche anno fa, scovata proprio dal trevigiano Brutto, 32 anni (tra il 2014 e 2015 era secondo di Antonia Kulgmann), Chiara&Francesco sono un curioso mix di idee, talenti e sguardi fatto di percorsi universitari (lei laurea in filosofia, lui studi di psicobiologia), tanti stage e lavoro sul campo, tenacia ma soprattutto «visione - dice Chiara - chiunque lavori in questo campo, a mio avviso, deve avere un’idea di nutrizione. Noi cerchiamo di mangiare bene, a casa mangiamo le stesse cose che compriamo per il ristorante».
Ma due chef stellati che mangiano quando escono?
C. «Innanzitutto ci piace il buon vino e quindi scegliamo il posto in base alla carta dei vini».
F. «Avendo pochi giorni liberi a disposizione, cerchiamo di andare dove ci piace. Ma giriamo anche molto, fuori Treviso, in Veneto o per l’Italia. Poi è chiaro, ci sono posti che preferiamo. A ma piace molto Diego del Basilico 13 a Treviso. Diciamo che evitiamo di mangiare male...».
C. «Per avere una società migliore forse bisognerebbe andare fuori a cena poco e spendere di più. C’è un motivo se alcuni posti costano di più: utilizzano materie prime più sane, più controllate, anche più sostenibili a livello ambientale. Sono i posti poco cari che dovrebbero estinguersi per il nostro bene, per la nostra salute».
Mai in un pub? Una pizza?
C: «Non a mangiare hamburger. Ma la piazza la mangiamo. Tendenzialmente però non mangiamo a caso».
Tra voi è stato un colpo di fulmine?
C: «Dillo tu. Parlo sempre io, vediamo cosa dici».
F: «So bene come è successo ma non credo si possa raccontare».
Cosa vi piace l’uno dell’altro?
F: «Chiara è superintelligente, ostinata, una che ti tiene testa».
C: «Cucina lui, che meraviglia. E poi studia tantissimo, ed è anche più veloce di me, più concreto. I suoi ragionamenti sono molto brillanti, è impressionante».
E cosa non vi piace?
C: «Fuma. Una lotta costante! Gli rompo sempre le scatole».
F: «Prima o poi smetterò, apprezzo che rompa. Se proprio devo trovare un difetto, diciamo che è un po’ disordinata. Diciamo che ognuno riordina secondo il proprio ordine, così non si trova nulla».
Come lavorate in cucina?
C: «In questi ultimi anni abbiamo lavorato più separati che insieme. Francesco, al Venissa, veniva una volta e mezza la settimana, all’inizio bisognava imparare, tendevamo a scontrarci, poi piano piano abbiamo trovato le linee guide nel nostro comportamento. Soprattutto nei confronti delle altre persone che sono in cucina».
Ma nella creazione dei piatti?
C: «Dipende, è sempre diverso: a volte io studio una cosa, lavoro sulle tecniche che Francesco poi approfondisce, fa i piatti, io assaggio, aggiusto. Una collaborazione, ognuno con le sue caratteristiche. Quello che è più complicato è gestire la leadership, il rapporto con il personale. Che per le donne è sempre più complicato».
F: «Basta avere regole e mettere giù uno schema. Ti siedi al tavolino e decidi».
Com’è “avere” la stella Michelin?
C: «Io sono diventata stellata perché ho mantenuto la stella. Francesco invece ha aperto un ristorante, prendendo una certa direzione. Diciamo che io mi ci sono trovata, lui l’ha cercata».
F: «Quando parti con un ristorante devi avere una proposta, devi decidere cosa fare. E speri di avere un risultato. Io faccio quello che mi piace: se poi viene riconosciuto, meglio».
C: «Francesco fa un lavoro di ricerca impressionante. Forse è anche per quello che ma meritato la stella. Lavora come un pazzo».
Cosa fate in questi tempi di quarantena?
C: «Studiamo tantissimo, sperimentiamo. Il Venissa, se tutto va bene, riaprirà il 1 giugno».
F: «Poi riprenderemo con le prove. Bisogna darsi un obiettivo. Studiamo cose nuove e poi prepariamo un piano di battaglia in attesa di capire che accade».
Il vostro motto in cucina? 
F: «Fare quello che mi piace».
C: «Poi viene sempre mediato da me: perché non facciamo qualcosa che piace ai clienti?»
Andate mai in vacanza?
C. «Poco per ora. Abbiamo viaggiato tanto per lavoro, ora l’obiettivo è di farlo insieme. Ci piacerebbe fare bel viaggio, sperando si possa...».
La più grande soddisfazione?
F. «La cucina resta sempre un lavoro, anche se molti pensano sia divertente e “cool”. E’ molto fisico, ore e ore in piedi, curvi sui fornelli. Diciamo che sei soddisfatto quando finisce il servizio e tutto è andato bene».
Ma creare piatti nuovi?
F. «Sì, è bello quando crei, come quando un calciatore segna un gol. Sono due livelli di felicità diversi».
C: «Io sono molto soddisfatta quando i clienti sono contenti e mi dicono che il piatto è piaciuto. E poi mi piace l’incontro con gli altri, quello mi dà tanta soddisfazione».
I talent in tv: che ne pensate?
C: «Tengono alta l’attenzione sul nostro mondo, ma andrebbero presi per quello che sono, uno spettacolo. I problema è che chi esce dai talent crede di saper fare tutto. La cucina è diventata la nuova moda e tutti vogliono provarci. Ma manca tutto il background, lo studio, il lavoro sul campo. Poi è chiaro che ti danno visibilità».
Quanto serve la filosofia in cucina?
C: «In cucina non so. Ma la filosofia ti dà la forma mentis. Ti aiuta nella vita. Dà un approccio etico, politico sul mondo sulle cose».
F: «E lo studio ti dà un metodo. Che serve sempre. Tanto più in cucina».
 
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