Coronavirus, l'appello dei 100mila medici: «Intervenire con le terapie ai primi sintomi, solo così si ferma il contagio»

Sabato 18 Aprile 2020
Coronavirus, l'appello dei 100mila medici: «Intervenire con le terapie ai primi sintomi, solo così si ferma il contagio»

Centomila medici di tutto il mondo, che dall'inizio dell'epidemia si confrontano in un gruppo Facebook riservato ai dottori, sono arrivati ad alcune conclusioni: bisogna intervenire immediatamente con le terapie - raccomandano -  sin dai primi sintomi del coronavirus, in attesa che il  tampone e gli altri esami confermino la diagnosi. Solo così, dicono, si potrà arginare e fermare il contagio una volta  che si allenterà il lock-down. Hanno inviato una lettera - firmata da 10mila - al ministro della Salute,  Roberto Speranza, ai governatori di tutte le regioni, al presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Filippo Anelli.

La lettera è stata condivisa sui profili personali dei singoli medici. 

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LA LETTERA
«Siamo un gruppo di circa 100.000 medici, di tutte le specialità e di tutti i servizi territoriali e ospedalieri sparsi per tutta Italia, nato in occasione di questa epidemia, che da quasi 2 mesi ormai, sta scambiando informazioni sull'insorgenza della malattia causata dal Coronavirus, sul come contenerla, sul come fare, a chi rivolgersi, come orientare la terapia, come e quando trattarla. Siamo pressoché giunti alle stesse conclusioni: i pazienti vanno trattati il più presto possibile sul territorio, prima che si instauri la malattia vera e propria, ossia la polmonite interstiziale bilaterale, che quasi sempre porta il paziente in Rianimazione».






«Dagli scambi intercorsi e dalla letteratura mondiale, si è arrivati a capire probabilmente la patogenesi di questa polmonite, con una cascata infiammatoria scatenata dal virus attraverso l'iperstimolazione di citochine, che diventano tossiche per l'organismo e che aggrediscono tutti i tessuti anche vascolari, provocando fenomeni trombotici e vasculite dei diversi distretti corporei, che a loro volta sono responsabili del quadro variegato di sintomi descritti. I vari appelli finora promossi da vari Organismi e Organizzazioni sindacali, che noi abbiamo condiviso appieno, sono stati rivolti a chiedere i tamponi per il personale sanitario, a chiedere i dispositivi di sicurezza per tutti gli operatori, che spesso hanno sacrificato la loro vita, pur di dare una risposta ai pazienti, non si sono tirati indietro, nessuno. Proprio per non vanificare l'abnegazione di medici e personale sanitario, oltre ai dispositivi di Protezione e ai tamponi, chiediamo di rafforzare il Territorio, vero punto debole del Servizio Sanitario Nazionale, con la possibilità per squadre speciali, nel decreto ministeriale del 10 Marzo, definite Usca, unità speciale di continuità assistenziale».


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Le unità, suggeriscono i medici, dovrebbero  «essere attivate immediatamente in tutte le Regioni, in maniera omogenea, senza eccessiva burocrazia, avvalendosi dell'esperienza di noi tutti nel trattare precocemente i pazienti, anche con terapie off label, alcune delle quali peraltro già autorizzate dall' Aifa. Siamo giunti alla conclusione che il trattamento precoce può fermare il decorso dell'infezione verso la malattia conclamata e quindi arginare, fino a sconfiggere l'epidemia. Il riconoscimento dei primi sintomi , anche con tamponi negativi (come abbiamo avuto modo di constatare nel 30% dei casi) è di pura pertinenza clinica, e pertanto chiediamo di mettere a frutto le nostre esperienze cliniche, senza ostacoli burocratici nel prescrivere farmaci, tamponi, Rx e/o TC, ecografia polmonare anche a domicilio, emogasanalisi, tutte cose che vanno a supportare la Clinica, ma che non la sostituiscono. Lo chiediamo, indipendentemente dagli schieramenti politici e da posizioni sindacali, lo chiediamo come medici che desiderano ed esigono di svolgere il proprio ruolo attivamente e al meglio, dando un contributo alla collettività nell'interesse di tutti. Lo chiediamo perché tutti gli sforzi fatti finora col distanziamento sociale, non vadano perduti, paventando una seconda ondata di ricoveri d'urgenza dei pazienti tenuti in sorveglianza attiva per 10-15 giorni, ma che non sono stati visitati e valutati clinicamente e che ancora sono in attesa di tamponi. La mappatura di questi pazienti, asintomatici o paucisintomatici, e di tutti i familiari dei casi conclamati è oltremodo indispensabile per non incorrere in un circolo vizioso, con ondate di ritorno dei contagi appena finirà il " lock down"».


 

Ultimo aggiornamento: 14:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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