Sonia, 23 anni, a Valencia per l'Erasmus: «E ora vivo barricata in casa»

Mercoledì 1 Aprile 2020 di Valeria Lipparini
Sonia Zanandrea
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TREVISO Ha fatto la spesa con maniacale precisione, dividendo gli alimenti freschi, lo scatolame e i surgelati. Per sopravvivere barricata in casa in più a lungo possibile. Lei è Sonia Zanandrea, 23 anni, trevigiana di Santa Maria del Rovere e studentessa universitaria a Ca' Foscari, nella sede distaccata a Treviso, facoltà di Mediazione linguistica e culturale. 

LO STUDIO
A settembre dell'anno scorso è partita per Valencia. Dieci mesi di Erasmus. Non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi bloccata in Spagna, in uno dei paesi della Ue dove il coronavirus sta colpendo in maniera drammatica. «I miei a fine febbraio hanno cominciato a tempestarmi di telefonate. Avevano paura perchè la situazione in Italia era tutt'altro che rosea e volevano che tornassi a Treviso -racconta Sonia- Aerei non ce n'erano. Trasporti? Pochi e sovraffollati. Così ho deciso di restare e mi sono attrezzata. Ho fatto una spesa enorme. Compresa l'acqua in bottiglioni da otto litri. E da tre settimane non metto in naso fuori dall'appartamento. Posso stare un'altra settimana chiusa. Poi, ho visto che è possibile ordinare la spesa a domicilio. Non ho intenzione di uscire finché l'emergenza non sarà passata e so già che non rivedrò mamma e papà fino a luglio». 

LE GIORNATE
La sua giornata è scandita dalla routine, ma quando esce sul balcone, abbastanza grande per ospitare tavolino e sedie, vede Valencia cambiata. «Abito in centro, sotto alle mie finestre c'era la movida. Assembramenti di giovani a ogni ora del giorno e della notte. Ora non c'è più nessuno. Qualcuno che passa in fretta, con la mascherina, diretto a fare la spesa oppure con il cane al guinzaglio. E sento spesso le sirene del vicino ospedale. Un incubo che i primi giorni mi svegliava di notte. Il centro è deserto. I pochi bus che transitano sono vuoti. La paura è arrivata fino a qui». La studentessa trevigiana ricorda che a febbraio Valencia si preparava a festeggiare Las Fallas, una festa molto sentita che si celebra il 16 marzo e che richiama un gran numero di turisti. «Il governo non aveva ancora deciso di chiudere niente. Ricordo che sono andata dai professori universitari, insieme ad alcuni italiani miei compagni di corso, a chiedere che ci lasciassero a casa perchè la situazione sarebbe diventata problematica. Invece, niente. Poi, la festa popolare è stata sospesa. Ed è stato soltanto in quel momento, a metà marzo quasi, che tutti hanno capito quanto fosse grave l'emergenza». 

LE MISURE
Nel frattempo scuole e università sono state chiuse, come molte altre attività, sulla falsariga di quanto avveniva in Italia. «Ora seguo le lezioni online e dò gli esami con le stesse modalità. La mattina faccio ginnastica usando un'app sul telefonino. Poi studio. E chiamo ogni giorno a casa. Mia mamma e mio papà hanno smesso di dirmi di tornare. Il viaggio per arrivare in Italia sarebbe troppo pericoloso. Dovrei arrangiarmi perché ho chiamato l'Unità di crisi della Farnesina e hanno smentito che ci fossero voli appositi per riportare gli italiani in patria. Così resto a Valencia. Vivo barricata in casa. Spero in estate di tornare a casa a riabbracciare la mia famiglia. La quarantena è una dura prova più mentale che fisica». 
Ultimo aggiornamento: 15:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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