Coronavirus. Domanda di deroga per le imprese: fateci riaprire, 11mila richieste arrivate

Sabato 28 Marzo 2020 di Gabriele Pipia
Coronavirus. Le imprese: fateci riaprire 11mila richieste di deroga (Foto di Peter H da Pixabay)
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Coronavirus, economia e imprese in Veneto. «Ci sono aziende che hanno mandato la richiesta perfino tre o quattro volte per paura di sbagliare. Le stiamo ordinando tutte in ordine alfabetico, siamo sommersi dalle carte». Renato Franceschelli sorride, ma il prefetto di Padova sa bene che assieme ai suoi collaboratori nei prossimi giorni sarà chiamato ad un enorme lavoro burocratico. Le imprese con un codice Ateco che non compare nel decreto hanno infatti tempo fino ad oggi per chiedere formalmente di proseguire la propria attività. Sulla scrivania di Franceschelli sono già arrivate 2.200 domande, ma in tutto il Veneto se ne contano oltre undicimila. Comanda la provincia di Vicenza con 2.700 richieste di deroga, seguono Padova e poi Venezia (2.100), Verona (oltre 2.000), Treviso (1.700) e Rovigo (100).

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Il calcolo è della Cgil regionale e ieri sera dal dato complessivo mancava ancora quello di Belluno: si parla, in ogni caso, di alcune altre centinaia di domande. La situazione è calda e contrappone in molte situazioni sindacati e imprenditori. Da un lato chi vorrebbe stringere le maglie il più possibile e stoppare le attività «pensando prima di tutto alla salute», dall'altro chi spinge per andare avanti ipotizzando altrimenti scenari catastrofici dal punto di vista economico.
 
VIDEOCONFERENZA
Proprio il prefetto di Padova ieri si è confrontato in videoconferenza con i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil garantendo il massimo impegno negli accertamenti. Alle verifiche contribuiranno camera di commercio, guardia di finanza e vigili del fuoco. «Le imprese che presentano le autocertificazioni - chiarisce Renato Franceschelli devono dimostrare di fare parte di una filiera autorizzata dal decreto. Faccio un esempio banale ma esplicativo. Se produco latte non devo fare alcuna richiesta perché il mio codice Ateco già prevede che la mia attività sia garantita, se invece produco le confezioni per il latte non sono esplicitamente chiamato in causa dal decreto ma posso comunque dimostrare di svolgere un'attività essenziale». Le verifiche scatteranno lunedì e la prefettura potrà rispondere con un diniego alle imprese considerate non essenziali, mentre per tutte le altre varrà la norma del silenzio-assenso. Senza alcuna risposta negativa, dunque, potranno tenere regolarmente aperte. «Cercheremo di fare il prima possibile. Sappiamo che poi i nostri provvedimenti saranno ricorribili al Tar e in questo Paese i ricorsi ci sono sempre sospira Franceschelli -, speriamo solo di non essere sommersi un'altra volta di carte».

Mentre migliaia di piccoli, medi e grandi imprenditori compilano le richieste da spedire alle prefetture, sull'altra sponda i sindacati alzano la voce chiedendo totale rigidità. Una posizione molto dura è quella assunta ieri pomeriggio da Christian Ferrari, segretario generale della Cgil Veneto: «Alcune associazioni datoriali sembrano non comprendere la gravità dell'emergenza sanitaria e i rischi che corrono i lavoratori che ogni giorno sono costretti a uscire di casa per garantire la continuità delle attività essenziali per la tenuta del nostro Paese e se la prendono con i sindacati per aver ottenuto il fermo produttivo per il resto delle aziende. Manca consapevolezza che salvaguardare la salute dei lavoratori vuol dire proteggere anche le loro famiglie e la salute pubblica. Un apporto decisivo al contenimento del contagio che si può ottenere solo riducendo al minimo lo spostamento delle persone».

Il segretario regionale della Cgil non ne fa solo una questione di assembramento nei posti di lavoro, ma anche di possibili contagi lungo il percorso dalla casa alla fabbrica: «Ammesso che siano garantite condizioni di sicurezza totale nei posti di lavoro prosegue - bisogna infatti considerare che i lavoratori non vanno in fabbrica con il teletrasporto, ma con mezzi pubblici e privati.

E questo aumenta automaticamente il rischio di esposizione. Può apparire paradossale vedere un sindacato che lotta per chiudere le fabbriche, ma in queste drammatiche condizioni è l'unica soluzione. Bisogna pensare meno al proprio portafoglio e più alla salute pubblica». A metà della prossima settimana si capirà quanti saranno i via libera e quanti i dinieghi. 

Ultimo aggiornamento: 14:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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