Le 4 quarantene di Carla, attrice e cooperante, tra Cuba e Corea del Nord

Giovedì 26 Marzo 2020 di Gabriele Pipia
Carla Vitantonio, attrice e cooperante molisana di origini ma padovana d'adozione da lungo tempo

PADOVA - Attrice, scrittrice e cooperante. Tre mestieri, tre Paesi e quattro quarantene. Dalla Corea del Nord a Cuba, passando per l'Italia, vivendo prima l'incubo dell'ebola e ora quello del coronavirus. Quasi sempre da sola, ma sempre cavandosela. Parlare con Carla Vitantonio, molisana d'origine ma padovana fin da ragazza, è come immergersi in una lunga storia composta da tante altre. A 41 anni ne aveva già viste tante, ma non ancora tutte. «Domenica notte sono rientrata a Cuba, dove lavoro per l'Ong Care, che opera in 98 Paesi del mondo per combattere la povertà - racconta -. Dopo le limitazioni italiane, ora sto facendo due settimane di completo isolamento cubano. Da sola, con i vicini che mi portano piccoli aiuti senza potersi avvicinare».

42 GIORNI ISOLATA IN COREA
Due isolamenti consecutivi, con un volo transoceanico in mezzo, che non la turbano minimamente. Perché, come spiega Carla dopo un lungo sospiro, «questo è niente in confronto a quello che ho vissuto in Corea». La cooperante, una laurea in Scienze della comunicazione al Bo di Padova e un master in Diplomazia e relazioni internazionali prima di lavorare anche per il governo italiano, ha vissuto per quattro anni a Pyongyang. E quando riavvolge il nastro dei ricordi, vengono subito a galla le differenze tra quello che stiamo vivendo in Italia e ciò che significa una quarantena nel regime asiatico. «Ero arrivata poco più che trentenne per fare l'insegnante e poi mi sono trovata a dirigere una Ong. Mi sono fatta due quarantene, 42 giorni di isolamento, tra il 2015 e il 2016. Quell'inverno a -17 gradi, con pochissime ore di elettricità e un utilizzo di internet molto limitato, non lo scorderò mai».

LA PAURA DELL'EBOLA
Carla riapre l'album e scuote la testa: «All'epoca in diversi Paesi dell'Africa dilagava l'Ebola. Il regime coreano aveva paura che questa malattia, pericolosissima e con un tasso di mortalità ben più alto del coronavirus, potesse arrivare tramite la Cina che aveva diversi interessi in quel continente. Sapevano che non sarebbero stati in grado di rispondere ad un'emergenza e quindi ogni persona che entrava nel Paese veniva messa 21 giorni in quarantena, con il medico che passava a controllarla ogni giorno». E qui escono fuori tutte le differenze tra i due scenari: «Quell'esperienza non ha nulla a che vedere con le limitazioni di oggi, dove comunque abbiamo la possibilità di passeggiare vicino a casa, i supermercati quasi sempre aperti e internet veloce. Siamo un po' più isolati rispetto al solito dal mondo esterno, ma virtualmente siamo sempre connessi. Rispetto ad altri scenari da secondo o terzo mondo è veramente un lusso».

CONSEGUENZE PSICOLOGICHE
Un'esperienza provante, quella coreana, accompagnata dal rischio di non rispettare le regole ed essere espulsi. «Quando l'isolamento diventa troppo forte - riflette Carla - provoca conseguenze psicologiche che arrivano a prostrare l'essere umano». Un'esperienza affrontata anche grazie a lettere e cartoline inviate continuamente agli amici padovani. Da quelle cartoline è nato un libro, Pyongyang blues di Add Editore, nel quale emerge una visione di quarantena completamente diversa. «E ora scherza Carla potrei pure fare un tutorial su come si vive una quarantena».

Dopo l'isolamento degli ultimi giorni italiani, ora è tornata a Cuba. «La mia vita è divisa, da una parte il lavoro e dall'altra amici e famiglia.

Ma una cooperante va dove c'è più bisogno». Se qualcuno si chiede perché abbia deciso di salire sull'ennesimo aereo, questa è la risposta. 

Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 16:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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