Covid19, chiude anche la FemiCz del patron del rugby Francesco Zambelli

Giovedì 26 Marzo 2020 di Paolo Romagnolo
Francesco Zambelli, patron del FemiCz Rugby Rovigo Delta
ROVIGO - Da questa mattina i due stabilimenti di FemiCz Spa sono vuoti. Leader nella produzione e vendita di sistemi porta cavi e di sospensione metallici, l’azienda polesana è finita nelle maglie dell’ultimo decreto governativo che, per fronteggiare la crescente emergenza coronavirus, ha imposto la chiusura delle attività produttive non essenziali. Uno stop che il patron Francesco Zambelli, numero uno anche della Rugby Rovigo, ha accolto senza batter ciglio.
Presidente, come sta vivendo questa situazione mai vista prima?
«Innanzitutto restando a casa, come tutti. Lo ammetto, sono un po’ terrorizzato dalle prescrizioni governative. Ma sono convinto che sia necessario passare attraverso il rispetto delle regole per superare questo difficile momento».
E’ d’accordo con l’ultima stretta disposta dal Governo? «Naturalmente avrei preferito tenere aperta l’azienda, ma chiuderemo. Però stiamo preparando un’apposita richiesta al fine di proseguire almeno le attività legate ad alcuni cantieri che devono necessariamente continuare: mi riferisco, ad esempio, a quelli del Mose, del Ponte Morandi e di Autostrade».
Quanti dipendenti da questa mattina staranno a casa?
«Tutti i 120 che lavorano negli stabilimenti di Rovigo e Crespino, più una ventina di interinali; a cui si aggiungono una trentina di lavoratori sull’unità di Roma e una quindicina su quella di Padova. Per questa prima interruzione staranno in ferie. Quasi tutti ne hanno di residue non godute; solo qualcuno arrivato da poco andrà in negativo, ma nel giro di pochi mesi sarà tutto sarà recuperato. Questa soluzione è stata ben accolta da ogni lavoratore».
Non solo. Nella bacheca aziendale è comparsa anche una lettera di ringraziamento alla proprietà.
«Una piacevole sorpresa. I dipendenti hanno apprezzato la disponibilità di FemiCz a sottoporsi a tutte le regole per ottemperare alle necessità sanitarie del momento e allo stesso tempo hanno sottolineato l’impegno nel mantenere inalterata l’attività».
Quanto crede possa durare l’emergenza?
«Penso si sia arrivati alla chiusura delle attività produttive per via del crescente timore che gli ospedali non siano in grado di reggere il ritmo degli ammalati. Se nel corso di questa settimana la situazione dovesse stabilizzarsi, penso sia già possibile pensare di revocare le restrizioni. Se si tenessero chiuse le aziende senza reale necessità, il danno forse sarebbe maggiore».
E poi c’è l’amato rugby, anch’esso fermato completamente.
«Se pensiamo allo sport di società sostenute esclusivamente dai volontari, capisco che la sospensione a data da destinarsi sia la soluzione giusta. Ma la Rugby Rovigo è una realtà che dà lavoro a 50 persone. Il nostro campionato è sorretto da interessi economici, ci sono contratti da rispettare. Se ci si fermerà del tutto, si creeranno contenziosi con i giocatori o con tutti coloro che vivono di rugby, ma io non ho nessuna intenzione di finire in tribunale».
Senza contare che buona parte delle entrate dipende dal finale di stagione.
«A budget ci sono premi e incassi legati ai playoff. E poi ci sono i contributi federali: in questi giorni dovrebbe arrivare la tranche che ci consentirà di pagare gli stipendi di marzo. Ma i rimanenti? Se saltassero, andremmo a debito. Spero siano confermati al più presto, allora avrei più facilità ad accettare un eventuale stop definitivo. E’ un problema che la Federazione e lo Stato dovranno affrontare seriamente».
Dunque, a suo giudizio, il Top12 dovrebbe ripartire quanto prima.
«Spero che da aprile si possano riprendere gli allenamenti, in modo da tornare in campo verso la fine del mese o al massimo a inizio maggio. Solo così si potrebbe pensare di portare a termine il campionato, magari con una formula ripensata e rivista per chiudere entro giugno».
Ultimo aggiornamento: 07:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci