Braccio di ferro sulle chiusure, sindacati contro le aziende "non indispensabili"

Martedì 24 Marzo 2020 di Luca Ingegneri
zona industriale di Padova
PADOVA - L’emergenza Coronavirus sta rovesciando il mondo. E non è esattamente un modo di dire se tocca alle organizzazioni sindacali, solitamente impegnate nella strenua difesa dell’occupazione, l’ingrato compito di sollecitare la chiusura delle aziende. In quattro importanti realtà produttive padovane si è arrivati allo scontro, tanto da provocare un’intera giornata di sciopero. Con uno stato di agitazione che proseguirà anche oggi e domani se i quattro stabilimenti non interromperanno la produzione. A dire il vero Arcelor Mittal, con il piccolo sito produttivo ex Ilva di Legnaro, ha già fatto marcia indietro sottoscrivendo ieri pomeriggio l’accordo per la cassa integrazione ordinaria. Restano tre i fronti caldi: Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil sono costrette a fare la voce grossa con imprese che non avrebbero alcun titolo per tenere aperti i battenti, a fronte di produzioni non indispensabili né essenziali, ma che si aggrappano ad una serie di deroghe inserite nel decreto. È stato infatti autorizzato a lavorare un consistente numero di attività industriali e commerciali aggiuntive rispetto allo schema iniziale presentato dal governo.

LE VERTENZE Un autentico braccio di ferro è quello ingaggiato dalla Carel di Brugine. La proprietà, rappresentata dall’ex presidente degli industriali Luigi Rossi Luciani, non ha alcuna intenzione di sospendere l’attività. I lavoratori non vogliono però sentire ragione, anche alla luce del numero di contagi verificatisi in azienda. Ieri hanno scioperato compatti ottenendo l’appoggio degli impiegati in smart working, a sottolineare la necessità di ottenere la completa tutela delle maestranze. Trattativa ad oltranza anche alla Antonio Carraro di Campodarsego, dove è forte la preoccupazione degli operai per il diffondersi del contagio. Dal canto suo l’azienda insiste in una differente interpretazione del decreto legge indicando come “necessaria” la sua produzione. Ma il caso più spinoso è quello della Maschio Gaspardo. Anche quella dell’azienda di Campodarsego – secondo il sindacato – è un’attività non essenziale, vista la produzione di materiale da esportazione. “La Maschio Gaspardo – spiega Loris Scarpa, segretario generale Fiom Cgil - sta giocando una propria partita specifica rispetto al rapporto con le banche. Sicuramente all’interno dell’azienda non ci sono mascherine per tutti e non è stato ancora fatto un accordo per la gestione dell’emergenza Covid-19 visto che hanno avuto solo la visita ispettiva dello Spisal, senza arrivare alla piena applicazione del protocollo del 22 marzo. Queste deroghe fanno male ai lavoratori e all’interesse complessivo del Paese». Lo sciopero ha ottenuto un’adesione altissima nella giornata di ieri. I sindacati lo ripeteranno oggi e domani, anche a fronte dei casi di positività al Coronavirus registrati in tutti gli stabilimenti del gruppo.

NELLE ALTRE AZIENDE
In tutte le altre aziende della provincia non si sono registrati momenti di tensione.
Alle sedici di ieri erano 259 le imprese metalmeccaniche che hanno aderito alla cassa integrazione ordinaria per un totale di 10.055 lavoratori. In molti hanno già fermato la produzione. Poche le eccezioni nel comparto metalmeccanico: proseguiranno a pieno ritmo la propria attività la Malvestio di Villanova di Camposampiero, leader nella produzione di strumentazioni ospedaliere, e le società del ramo informatico come Corvallis e Infocamere, e i call center Comdata e Telerete, tutte in modalità smart working. Operative pure le imprese del ramo farmaceutico e chimico (Fidia, Nuova Ompi e Lundbeck) mentre il tessile (Moncler, Ovattifici Orv e Belvest) è costretto al fermo produttivo. Nello stabilimento cittadino di Italchimica, rimasto chiuso venerdì scorso dopo la positività al virus di un operaio, è stata completata a tempo di record la sanificazione dei locali e ieri i dipendenti sono tornati al lavoro. Produzione a ranghi ridotti nel comparto che annovera Ivg Colbachini, Tubi Gomma Deregibus e Transfer Gomma, e nei trasporti dove tutte le attività subiranno giocoforza una notevole riduzione. Cassa integrazione o fondo salariale di solidarietà in arrivo per i dipendenti di BusItalia e di un’ottantina di cooperative del comparto: 2400 addetti. Clima teso infine alla Safilo, a pochi giorni dalla dichiarazione di 700 esuberi per l’intero gruppo (50 nella sede padovana). 
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