Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Lucia Bosè, l'attrice che "visse" due volte

Martedì 24 Marzo 2020

Curioso che a scoprirla e proiettarla nel mondo del cinema sia stato un grandissimo regista, con il quale poi non girò alcun film. Accadde in una pasticceria milanese, dove Lucia Bosè fu notata da Luchino Visconti, con il quale restò importante amica, tanto che il regista di “Ossessione” e “Rocco i suoi fratelli” divenne il padrino di battesimo del suo figlio più celebre, Miguel, che ieri ha dato la notizia al mondo della sua scomparsa, attraverso la sua pagina di Facebook, scrivendo semplicemente: «È già nel migliore dei posti».
Se n’è andata a 89 anni, in un ospedale di Segovia, in quella Spagna che divenne la sua seconda patria, dopo il matrimonio nel 1995 con il celeberrimo torero Dominguín, dal quale si separò nel 1968, per i troppi tradimenti sopportati, come ebbe modo di dichiarare spesso, anche nella sua recente biografia firmata da Roberto Liberatori, presentata all’ultima Festa di Roma. È morta di polmonite e, dopo un’incertezza iniziale, pare in modo estraneo al coronavirus.
Nata a Milano nel 1931, bella d’una bellezza che annunciava un’istintiva, sotterranea tristezza, la “ragazza di piazza Spagna”, dal titolo di uno dei suoi primi film (1952) firmato da Luciano Emmer, con il quale aveva già girato l’anno prima “Parigi è sempre Parigi”, colse nel 1947 la vittoria a “Miss Italia”, in una finale da far girar la testa (battè nell’ordine Gianna Maria Canale, la Lollo e Eleonora Rossi Drago), che di fatto le aprì le porte al successo. Erano gli anni delle maggiorate e lei sicuramente non sfigurava. Il suo esordio sullo schermo avvenne nel 1950 con “Non c’è pace tra gli ulivi” di Giuseppe De Santis, dove, al fianco di Raf Vallone, contesa tra due uomini, si esibisce in una provocante e sensuale danza, in una storia contadina in Ciociaria.
Da subito fu chiara la sua vocazione a un cinema d’autore. E infatti è con Michelangelo Antonioni che arrivano le sue prove già mature. Dello stesso anno dell’esordio è infatti “Cronaca di un amore”, dove il maestro ferrarese, che confessò di averla presa a schiaffi sul set, la inserisce in un torbido triangolo a sfondo omicida in un ambiente della borghesia industriale; e lei fa centro. Con Antonioni girerà anche “La signora senza camelie” (1953), che in parte ripercorrerà la sua genesi cinematografica (una commessa a un concorso di bellezza, in realtà scritta per la Lollo), girato anche a Venezia, dove la Bosè si strugge in un pianto in motoscafo. Nel ’56 è sul set di “Accadde al commissariato”, commedia leggera al fianco di Walter Chari, all’epoca suo fidanzato.
In realtà la vita cinematografica importante della Bosè è spaccata in due fasi distinte, come un’attrice che visse due volte; la prima termina ben presto, con il matrimonio con Dominguín, passando anche per autori come Mario Soldati, Citto Maselli, Luis Buñuel, Jean Cocteau, ancora De Santis (“Roma ore 11”); con la seconda, dopo una lunga assenza all’indomani del divorzio, arrivano i lavori con i fratelli Taviani, Fellini col suo “Satyricon”, Bolognini, Cavani, Francesco Rosi e anche Duras e Jeanne Moreau, fino alle prove televisive, che si concludono con la terza stagione della fiction Rai “Capri”.
Se ne è andata una diva, senza forse il fragore della diva. Di sicuro un’attrice che ha lascia un ricordo intenso e appassionato.

La foto è dal film "La signora senza camelie" di Michelangelo Antonioni
  Ultimo aggiornamento: 10:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA