Coronavirus, l'epidemiologo D'Ancona: «Il picco? Cinque regioni in difficoltà, la Lombardia può uscirne»

Lunedì 23 Marzo 2020 di Mauro Evangelisti
Coronavirus, epidemiologo Iss: «Il lockdown fa effetto, la diffusione fuori dalla Lombardia può rallentare»

«Non cantiamo vittoria, ma non sottovalutiamo neppure gli ultimi dati. Stiamo vedendo ciò che speravamo di vedere: una graduale riduzione della curva di ascesa dei casi di coronavirus. Cautela, cautela, cautela. Però c'è un fatto: ieri la percentuale d'incremento dei nuovi casi positivi è stata inferiore rispetto a quella dei giorni precedenti. È un dato di cui tenere conto, sostiene l'epidemiologo Paolo D'Ancona dell'Istituto Superiore della Sanità.
Ci stiamo avvicinando al picco?
«Questo è un modo sbagliato di porre il problema. Teniamo conto che abbiamo situazioni molto diverse, da regione a regione. Ci sono territori in cui c'è un'alta circolazione del virus (Lombardia, Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna, Marche), altri con una bassa diffusione».

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C'è un calo del numero dei morti, anche se è comunque una cifra sempre elevata.
«Le vittime di cui parliamo oggi sono state ricoverate in ospedale una settimana fa. La differenza di numeri che vediamo tra regioni con alta circolazione del virus e altre con una minore circolazione, porta anche a un differente funzionamento del sistema sanitario. In sintesi: dobbiamo guardare uno per uno i trend delle singole regioni, non quello complessivo. A parte la Lombardia, che purtroppo è stata la prima a essere colpita, le altre regioni riescono a gestire la situazione. Bene, noi ci aspettiamo che in queste regioni la velocità di diffusione sia minore di quanto visto il Lombardia. Anche perché gradualmente vedremo l'effetto del lockdown. Io direi che le misure previste stanno dando dei risultati».

Quando potremo tornare alla normalità?
«Non è possibile dare una risposta a questa domanda, ad oggi».

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Perché c'è una proporzione differente, da regione a regione, tra il totale dei pazienti positivi e quelli ricoverati in ospedale? 
«Dipende dal tipo di pazienti che risultano positivi al tampone. Probabilmente in Lombardia si dà la priorità nel fare i test a casi più severi. Nelle altre regioni, dove si è ancora a uno stadio iniziale, fanno i test anche a chi ha una sintomatologia leggera e dunque, se positivo, può restare a casa».

Quando potremo, quanto meno, ridurre le misure di contenimento?
«Oggi anche questa domanda non ha una risposta. Io affronterei questo tema in modo differente: siamo il primo paese europeo a sperimentare l'impatto del coronavirus, non abbiamo altre esperienze su cui basarci, se non quella cinese che aveva un approccio totalmente differente perché con una struttura sociale e una governance molto distanti dall'Italia. Ora gli altri paesi europei stano imparando dalla nostra esperienza».

Servirà una gradualità nell'eliminazione del lockdown?
«Stiamo navigando in un mare sconosciuto, però voglio essere chiaro: non siamo persi. Ma non abbiamo esperienze precedenti dalle quali attingere».

Non serve neppure l'esempio della Corea del Sud che, in fondo, come dimensioni non è così differente dall'Italia?
«Anche qui parliamo di una cultura differente, basata sul rispetto delle regole. Inoltre sono stati un po' più fortunati per il modo in cui si è manifestata l'epidemia. Sono riusciti a circoscriverla prima e hanno usato anche strumenti tecnologici di tracciamento dei pazienti».

Perché non lo abbiamo fatto anche in Italia?
«Dobbiamo rispettare la legge europea della privacy. Probabilmente in Corea del Sud è meno complicato avere un controllo dei sistemi elettronici, in Italia non è certamente facile».
 

Ultimo aggiornamento: 16:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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