Coronavirus. Giorgio Palù: ​«Se nei prossimi due o tre giorni non vedremo risultati significativi, bisognerà assolutamente ricorrere a misure più drastiche»

Giovedì 19 Marzo 2020 di Angela Pederiva
Coronavirus. Giorgio Palù

Coronavirus, verso il blocco totale. Parla l'esperto Giorgio Palù.

«Se nei prossimi due o tre giorni non vedremo risultati significativi, bisognerà assolutamente ricorrere a misure più drastiche». A parlare è Giorgio Palù, docente emerito all'Università di Padova, già presidente delle Società italiana ed europea di Virologia. Gli abbiamo chiesto di tradurci, nel modo più comprensibile possibile, il senso degli algoritmi che disegnano le previsioni di andamento del contagio in Veneto.

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Dunque, picco il 15 aprile?
«Come dicono fior fiore di epidemiologi, a cominciare da Roy Anderson, non possiamo fare predizioni: le proiezioni sono solo matematiche. Quindi non me la sento di esprimermi su quella data, perché la curva non è lineare: è esponenziale, con un indice all'inizio di 0,22».

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Cosa dice questo numero?
«Dà l'inclinazione dell'angolo. Per capirci: la curva va su abbastanza dritta. Certo, non è 1, altrimenti vorrebbe dire che tende all'infinito...».
 
Quindi la curva sta salendo: cosa deve succedere perché possa scendere?
«Bisogna che prima raggiunga il picco e poi si assesti sul cosiddetto plateau per un po' di tempo, dopodiché potrà iniziare a calare. Perché questo accada, occorre che si riduca il tasso di replicazione del virus, fissato da decine di studi attorno a 2,5: ciò vuol dire che ogni persona positiva ne contagia altre due e mezza. Ecco, serve che questo valore si abbassi, possibilmente almeno a 1».

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Come si riduce? 
«In assenza di farmaci e vaccini, l'unico modo è mantenere le distanze, evitando il contagio con l'isolamento. Lo abbiamo visto nel modello cinese».

Com'è andata lì?
«La curva si è esaurita in cento giorni. Ma già una settimana dopo l'esplosione del focolaio a Wuhan sono state attuate misure molto rigorose, mettendo sotto assedio un'intera regione da 60 milioni di abitanti, cioè tanti quanti quelli dell'Italia: tutti in quarantena con sanzioni pesantissime, arrivate addirittura alla pena di morte. Per questo qui dovremmo prendere come riferimento non il 21 febbraio, giorno in cui è scoppiato il caso, ma l'11-12 marzo, cioè l'annuncio e l'avvio delle restrizioni più severe in tutta Italia».

In pratica i nostri conti risentono di un ritardo di 20 giorni?
«Purtroppo sì. All'inizio in Italia si è esitato, disquisendo in maniera eccessivamente buonista e politicamente corretta, per il timore di discriminare i cinesi, senza decidere subito di isolare le persone provenienti dalle aree a rischio, come suggerito dai governatori del Nord. Ma in generale si sono perse due-tre settimane a discutere, invece di fare divieti seri».

Ormai è storia. Tornando invece alla curva attuale, c'è qualcosa che potrebbe rallentarne la cresciuta, in aggiunta allo state a casa? 
«In una curva gaussiana...».

Prego?
«Ha presente il diagramma cartesiano? Ecco. In ascissa mettiamo il tempo e in ordinata i casi, per cui giorno dopo giorno uniamo i puntini e vediamo come procede la diffusione del contagio. L'andamento di un'epidemia è costituito da una curva gaussiana, cioè da una distribuzione statistica che vede frequenze più elevate nei valori centrali e progressivamente minori verso i due estremi». 

In sostanza: ascesa graduale, picco, mantenimento, discesa progressiva. Giusto?
«Giusto. Com'è successo sempre, dal vaiolo alla peste bubbonica a Ebola, il virus trova degli ostacoli naturali: non solo la distanza tra le persone, ma anche la resistenza di categorie come i bambini, che sono più forti perché sottoposti a tanti vaccini. Ecco perché, mentre continuiamo a stare a casa, aspettiamo risposte pure dal virus».

Una volta raggiunto l'apice, quanto dura il plateau?
«Dipende dalla forma della curva, che possiamo immaginare come una campana. Se la campana è larga, la sommità è un po' più lunga, ma meno persone si sono infettate e meno è gravato il sistema sanitario. Se invece la campana è alta e stretta, l'attesa della diminuzione dura meno, ma vuol dire che si sono contagiati molti più soggetti».

Cosa dobbiamo aspettarci?
«Se alla fine di questa settimana continua l'impennata, bisogna chiudere anche le fabbriche e fermare il trasporto pubblico, altrimenti diventa un'agonia. Nel frattempo sarebbe il caso di smetterla con l'isteria comunicativa minuto per minuto, dedicando tamponi e risorse a chi è costretto a lavorare, come i sanitari, le forze dell'ordine e i servizi veramente essenziali».
 

Ultimo aggiornamento: 20 Marzo, 08:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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