Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Berlinale 70/7 Solitudini e morte: si chiude
con i giorni di Tsai e il buio dell'umanità

Venerdì 28 Febbraio 2020
Finale in crescendo per una Berlinale ondivaga, almeno con i film in Concorso. Ultimi tre titoli, tra solitudini e morte.

DAYS di Tsai Ming Liang (Concorso) – Kang osserva la pioggia che cade. Si lava: ha un curioso terzo piccolo capezzolo a sinistra. Non (è un nome) è un giovane che prepara meticolosamente la cena. Kang incontra Non in un hotel per un massaggio che si fa sempre più erotico. Kang dopo aver pagato Non gli regala un carillon con il tema di “Luci alla ribalta”. Kang e Non mangiano in un locale. Kang torna a casa, si addormenta e al mattino si sveglia: guarda il vuoto. Non invece si ferma in una strada e riascolta il carillon, mentre il rumore assordante del traffico copre la musica chapliniana. Tsai Ming Liang se possibile aumenta ancora la sottrazione del cinema: qui non ci sono dialoghi, tanto che il film ironicamente propone all’inizio la scritta questo film non è volutamente sottotitolato. Le scene si susseguono nella loro consueta, esemplare staticità. Parlano i corpi, i rumori, i silenzi. Il tempo evapora. Un’opera struggente, intrisa di solitudine e malinconia, con un finale “patetico”, che esalta l’arte di un regista che continua a commuovere, anche se forse non può sorprendere più. Voto: 7,5.
IRRADIĖS di Rithy Panh (Concorso)
– In un schermo suddiviso come un trittico, si susseguono scenari di guerra e morte, eliminazioni di massa, dai campi di concentramento fino alla bomba su Hiroshima e Nagasaki, mentre talvolta il sole irrompe sullo schermo portatore di energia, la stessa che genera la vita e la morte. Tra reperti storici e cinematografici, scorrono immagini spaventose, terrificanti. Ma al film manca uno sguardo più profondo sul perché tutto questo accade, limitandosi a una elencazione visiva e cronachistica di fatti tragici, mentre due voci si alternano in un commento quasi malickiano. Più banale di quanto sembri (specie nella parte finale), ma comunque sempre necessario, specie di questi tempi. Voto: 6.
THERE IS NO EVIL di Mohammad Rasoulof (Concorso)
– Quattro storie che affrontano il tema della condanna a morte e dell’uccidere in generale, sia esso una scelta del singolo sia quella di un Paese intero. La prima è la migliore, con un finale inatteso e spaventosamente choccante. Le altre sono meno rudi, a volte tradiscono il bisogno di poetizzare, ma nel suo insieme il film propone quesiti morali importanti e terribili. Rasoulof, uno dei tanti registi impossibilitati a presenziare ai festival, firma un’opera convincente, tra paesaggi dolenti, anime agitate e “Bella ciao”. Voto: 7.
 
  Ultimo aggiornamento: 20:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA