Coronavirus Treviso. Famiglia in quarantena: separati in casa e con le mascherine

Venerdì 28 Febbraio 2020
Coronavirus Treviso. Famiglia in quarantena: separati in casa e con le mascherine

Coronavirus Treviso Cronaca di una famiglia assolutamente normale, mamma, papà e bimbo piccolo, messa sotto assedio dal coronavirus. Lei è una dei ventidue tra medici, infermieri e operatori trovati positivi al Ca' Foncello dopo il decesso della 76enne di Paese, morta non per il virus ma che aveva anche quello oltre a numerose altre patologie, e messi in quarantena per due settimane. Nessuno di loro presenta sintomi di alcun genere, le condizioni di salute sono sostanzialmente buone ma il buon senso e il rigido protocollo predisposto dal Ministero della Salute li costringe a isolarsi dal mondo.

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E, assieme a loro, anche i familiari. Così rintanato tra le quattro mura domestiche c'è finito pure il marito, dipendente di una ditta, e, appunto, il piccolo. Ma non solo: per precauzione sotto osservazione, ovvero chiusi in casa per i fatidici 14 giorni obbligatori per tutti quelli sospettati di essere stati contagiati, ci sono pure i due nonni, residenti in un comune dell'hinterland, che non hanno assolutamente nulla, ma che qualche contatto con il nipotino lo hanno inevitabilmente avuto e devono per forza starsene per un po' in assoluta tranquillità. In queste condizioni la realtà si trasforma, le ore diventano interminabili, la vita quotidiana assume contorni del tutto inaspettati.
 

PRECAUZIONI
La giornata in casa di tre persone in isolamento, per quanto domiciliare, può essere pesante. «La direzione sanitaria - racconta il marito - ci ha consigliato di limitare al minimo i contatti. Ci ha quindi detto che possiamo restare tutti nella stessa casa, ma in stanze separate». Insomma: assieme, ma non troppo. E non valgono nemmeno spazi teoricamente neutrali come il salotto: frequentabile, ma possibilmente uno per volta. «Giriamo con la mascherina, anche se io non sono così ligio. Incrociarci in salotto, per esempio, non è però una buona idea visto che, teoricamente, potrei essere infettato anche al tredicesimo giorno di isolamento. Quindi dormiamo in stanze separate, usiamo bagni separati, mangiamo separati. Per il resto, per quanto possibile, cerchiamo di interagire». E di affrontare i problemi di ogni giorno. Il più banale: la spesa. «La questione da risolvere riguarda gli approvvigionamenti. Abbiamo scorte per un po' di giorni, ma con i nonni in quarantena rischiamo di morire di fame! Scherzo ovviamente, ma è un problema da affrontare». Qui però interviene la solidarietà degli amici, in tanti si sono fatti vivi dando la disponibilità per ogni tipo di aiuto. «Nei prossimi giorni però proveremo a fare la spesa online. La nostra casa è diventata un centralino per tutti quelli che chiamano presi dal panico perché, in qualche modo, sono stati in contatto con noi».
 



SVAGHI
E come passa il tempo in una casa in quarantena? Beh, chi può lavorando: «Per fortuna posso collegarmi con la mia azienda, così non perdo quattordici giorni di lavoro. Per il resto...santa televisione e i buoni libri». In queste circostanze così particolari il tempo non manca per le considerazioni, che spaziano da come è stato preso il virus all'opportunità di tutte queste accortezze: «Penso che l'unico vero problema di questo virus sia che è molto rischioso per le persone anziane. Se così non fosse, potremmo starcene un po' più tranquilli. Purtroppo va così, ma non è piacevole».

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«SENZA SINTOMI»
Identica sorte per un altro operatore costretto alla quarantena forzata: «Noi non siamo troppo preoccupati. Siamo in isolamento a casa, ma non stiamo male. Non abbiamo alcun tipo di sintomo, come febbre o tosse. Alla fine stiamo solo attendendo che il tempo passi, pur restando monitorati. In questa situazione ciò che veramente ci dispiace è non poter dare una mano ai nostri colleghi che sono rimasti in prima linea in ospedale. Così come non poter continuare a curare i nostri pazienti. Ma se stiamo a casa è proprio per preservare la loro salute». Racconta così la sua esperienza: «Ci controlliamo la febbre più volte al giorno. Al momento è sostanzialmente l'unica prescrizione spiega ci sentiamo sani, ma siamo a casa. È una situazione strana. Ci dispiace non poter più dare il nostro contributo in modo diretto. Sappiamo che ci sono dei colleghi che ci sostituiscono e che devono lavorare anche per noi. E' questa la cosa che oggi ci preoccupa più di tutto il resto».
Paolo Calia
Mauro Favaro 

Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 16:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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