Insulti a medici e infermieri sui social network, l'Usl fa scattare le querele

Sabato 15 Febbraio 2020 di Denis Barea
Insulti a medici e infermieri del Ca' Foncello sui social network, ora scattano le querele

TREVISO «Cretini, incapaci». O anche peggio: «St...zi che non fate niente se non far aspettare la gente per ore al pronto soccorso». Come anche: «Imbecilli, pensano solo ai soldi e non ai pazienti, incompetenti che non sanno curare la gente». Sono questi alcuni dei post sui social network che hanno fatto dire all’Usl che la misura è colma, tanto da decidere di affidare all’avvocato Federico Vianelli di valutare le circostanze in cui possa ravvisarsi il reato di diffamazione e far scattare le querele.
Avvocato, volete mettere il bavaglio alle critiche? 
«Per nulla. Le critiche sono legittime e anzi rappresentano uno stimolo a fare sempre di più e meglio. Ma parliamo di critiche, non di insulti. C’è un’etica civile che impone il rispetto anche in momenti di forte tensione. Dire che si aspetta troppo tempo al pronto soccorso è legittimo, dare degli imbecilli agli infermieri e degli incompetenti ai medici invece no». 
Quindi le querele, alcune già partite, servono a spegnere gli incendi che qualcuno innesca sui social network?
«Servono a tirare una riga, a dire che c’è un limite. L’azienda lo ha spiegato bene: il cittadino ha sette canali di contatto per mettersi in relazione con le autorità sanitarie anche per esprimere critiche o denunciare quello che si pensa sia stato un disservizio. Qui invece parliamo di situazioni in cui viene offesa la reputazione dell’Uls o dei suoi dipendenti». 
Un caso che fece scalpore fu quello di Sirio Zilio, 57enne di Castelfranco che pubblicò su Facebook le foto mentre dormiva per terra sostenendo che non gli avevano dato neppure una sedia per assistere la madre 94enne malata, e che è finito a processo. 
«Eravamo di fronte a bugie, quello che sosteneva quel signore non era vero. Anzi, l’assistenza che gli era stata offerta era appropriata tenuto conto della situazione anche dal punto di vista emotivo. Siamo consapevoli che le esperienze di sofferenza che si vivono in ospedale possono essere traumatizzanti. Per questo l’intenzione è quella di valutare caso per caso. Il primo passo, pur attraverso il legale, sarà sempre quello di prendere contatto con la persona e cercare di arrivare ad un chiarimento». 
Cosa rischia il “leone da tastiera” che lancia insulti a medici e infermieri o ai dirigenti della Uls 2? 
«La diffamazione sui social network è considerata aggravata perché è una condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato di persone. E infatti il social è un moltiplicatore di informazioni e contribuisce, in questi casi, a diffondere un’immagine sbagliata della Sanità pubblica. Cosa si rischia? Risarcimenti pesanti e la condanna a una pena detentiva». 
Insomma, quello che non si capisce con le buone lo si farà capire con le cattive?
«Il discorso è molto semplice.

La sanità pubblica è un valore e il lavoro che viene svolto dai dipendenti dell’Uls 2 è enorme. Ci sono anche tante difficoltà e io penso che si debba avere rispetto per chi si impegna per la nostra salute. Non si vuole mettere una censura alla critica per salvaguardare l’immagine, si vuole difendere un valore aggiunto della comunità. Purtroppo c’è chi non ha senso della misura e non possiede un linguaggio civile. E non c’è nulla di peggio che essere buttati alla mercé della gogna dei social network dove tutto assume proporzioni gigantesche. Sono linciaggi che sviliscono e umiliano chi ne è vittima ». 

Ultimo aggiornamento: 08:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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