«Paziente di 86 anni in barella seminuda», l'Ulss avvia l'indagine

Giovedì 13 Febbraio 2020 di Camilla De Mori
«Paziente di 86 anni in barella seminuda», l'Ulss avvia l'indagine
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UDINE «Com'è possibile in una sera di gennaio trasferire una paziente di 86 anni dall'ospedale a casa praticamente nuda?». Se lo chiede la figlia dell'anziana udinese, determinata a procedere, ancora sconvolta da quanto accaduto lo scorso 28 gennaio, quando la mamma, secondo il suo racconto, «intorno alle 20.40» sarebbe stata riportata con addosso «solo la camiciola con i lacci sul retro neppure legati». I vestiti, che la figlia racconta di aver preparato per tempo, erano «nella borsa chiusa appoggiata sopra di lei assieme alla lettera di dimissioni». Quando lo racconta al cronista, dopo aver fatto la segnalazione all'Associazione di tutela diritti del malato di Udine, la figlia si indigna di nuovo: «Voglio le scuse dell'Azienda sanitaria universitaria e delle spiegazioni», dice. Il sodalizio, per parte sua, fa sapere di aver già mandato, come di prassi, la segnalazione all'ospedale.

IL RACCONTO
La sua mamma, racconta la figlia, dal 2014 soffre di Alzheimer, parla poco ma risponde ai gesti di affetto, è quasi come «una bambina indifesa e fragile». Ma, ricorda, gli anziani che soffrono di demenza «non sono corpi vuoti, solo perché il loro corpo è malato. Sono persone e la mancanza di rispetto del loro dolore significa non considerarli più tali». «Per il suo decoro, avrebbero dovuto metterle i suoi vestiti, che avevo preparato. Al momento delle dimissioni, dopo un ricovero per ostruzione intestinale iniziato il 18 gennaio, mi ero offerta di vestirla io quando fosse stato necessario, ma nel reparto di Medicina il 27 gennaio mi hanno detto che ci avrebbero pensato loro. E la mattina del 28 gennaio l'hanno detto anche alla badante che, come ogni giorno, era andata in ospedale», sottolinea. La figlia si era raccomandata, riferisce, anche per telefono, quando le avevano detto che l'ambulanza era slittata. Tanta insistenza, spiega, nasceva dal fatto che anche ad agosto 2019 dopo un altro ricovero, «sempre in Medicina», «l'ambulanza dalle 14 era stata spostata e alla fine era arrivata a casa alle 21.30 ed i vestiti, anche allora da me preparati e lasciati sul letto, erano rimasti dentro la borsa. Allora avevo lasciato correre quando mi avevano consegnato la mamma praticamente nuda, con indosso solo la camiciola, perché era agosto, ma già allora mi era molto dispiaciuto vedere così poco rispetto per la dignità di una persona». Ma in una gelida serata di gennaio il dispiacere è diventato sconcerto. Di fronte alla mamma che batteva i denti, il 28 gennaio, in un gesto istintivo, subito la figlia avrebbe preso un berretto dalla borsa, «perché aveva il volto freddo come un ghiacciolo». Secondo il suo racconto, ancora una volta la madre avrebbe avuto solo la camiciola, neanche allacciata, «tanto che quando l'hanno dovuta trasferire dalla lettiga sulla sedia per portarla su in casa, si è scoperta e sopra era tutta nuda. La mamma era completamente ghiacciata e nonostante coperte e boule non riuscivo a scaldarla». Una condizione durata, riferisce, a lungo: «Non apriva gli occhi, irrigidita dal freddo, per quattro giorni ha avuto mal di gola, febbre e dolori, tanto che ho dovuto chiamare il medico di famiglia e un'infermiera». Alle sue rimostranze, in reparto, il giorno dopo le dimissioni, le sarebbe stato risposto che «il personale non aveva trovato gli indumenti e non erano riuscita a vestirla per problemi alle braccia, che mia madre però non ha», sostiene la figlia, che ha segnalato anche altre cose al sodalizio. «Io non mi fermo qui. Mi sono rivolta all'associazione e voglio andare avanti. Non può essere un caso, se è successo due volte. Vedremo se si scuseranno».

L'AZIENDA
Il contatto aziendale sottolinea che «prenderemo sicuramente in considerazione l'esposto della signora. Ci rammarichiamo profondamente se qualcosa non è andato bene e ci scusiamo con lei. Come facciamo ogni volta che riceviamo una segnalazione, apriremo con procedura immediata un'indagine interna con il reparto per comprendere meglio come siano andati i datti narrati. Vedremo qual è stato il percorso assistenziale delle dimissioni e sicuramente forniremo una risposta entro i termini previsti alla signora e all'associazione». In ospedale ribadiscono che «per qualsiasi cosa di negativo sia stato percepito dai familiari, ci scusiamo e ci rammarichiamo, riservandoci, come detto, di aprire un'indagine interna che ci consenta di capire come si sono svolti i fatti visti dalla parte del reparto. Poi faremo la controdeduzione legata al racconto della familiare e al racconto del reparto: sentire tutte le opinioni ci sembra sempre la cosa più giusta. Come di consueto, forniremo una risposta circostanziata sull'accaduto».

 
Ultimo aggiornamento: 11:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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