Studentessa bloccata a Wuhan: «Noi chiusi negli alloggi, ma non abbiamo paura»

Mercoledì 29 Gennaio 2020 di Tomaso Borzomì
Studentessa bloccata a Wuhan: «Noi chiusi negli alloggi, ma non abbiamo paura»
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Da una parte l'allarme di una epidemia che ha portato a città isolate, scuole e trasporti bloccati, viaggi all'estero congelati e alla costruzione in sei giorni di un ospedale da 10mila posti. Dall'altra c'è una situazione percepita e raccontata in modo più attenuato, anche per la voglia di tranquillizzare familiari e amici. Petra Vidali, veneziana di 23 anni, dall'estate scorsa vive a Wuhan, provincia di Hubei. Da più di una settimana è bloccata nella città in quarantena, focolaio dell'epidemia di coronavirus.
Eppure lei ostenta tranquillità e sangue freddo, ci tiene a far passare questo messaggio: «Le cose più tragiche sono quelle che leggiamo qui di quello che si dice della Cina da fuori - dice - C'è una situazione di crisi, ma non è vero che si vedono persone cadere per terra per strada, questo lo posso dire». La studentessa ha scelto di frequentare la Huazhong university of science and technology per un master e si è innamorata del luogo dove oggi si trova. Nonostante l'emergenza. «Il primo impatto è stato difficile, quando sono arrivata ero scioccata per le differenze culturali, ma dopo una settimana mi ero già abituata».

GLI ANZIANI
Poi però è arrivato il virus e le cose sono cambiate, ma la giovane veneziana fa di tutto per adattarsi: «I più preoccupati sono gli anziani, quando hanno il timore fanno di tutto per farsi visitare; ma non è che stando all'aria aperta si prenda il virus, bisogna avere un contatto ravvicinato. Questo dicono le autorità».
«Leggendo i tabloid stranieri - spiega ancora - pare che sia la fine del mondo, ma obiettivamente da qui non la percepisco così; non sono un medico, ma qualsiasi virus all'inizio, quando non lo si conosce, fa paura, poi la ricerca va avanti e si risolve». I comportamenti delle persone però sono mutati, anche se i cinesi cercano di non rinunciare alle loro abitudini: «Oggi e ieri ci sono più persone per strada perché stanno finendo i festeggiamenti per il capodanno cinese. Ci sono connazionali italiani che escono con le famiglie, utilizzando le mascherine ed evitando di stare in luoghi chiusi, però c'è tanta attenzione».

IL TUTTOFARE
Petra parla al telefono del suo alloggio. La chiamata viene interrotta per un paio di minuti: «C'è il guardiano del dormitorio che è venuto a cambiare l'acqua», spiega la ragazza. Un'usanza cinese per cui ogni abitazione è custodita da un tuttofare. «A oggi qui non c'è alcun coprifuoco - riprende - tra studenti nel nostro dormitorio stiamo insieme, c'è chi gioca alla playstation, chi fa giochi da tavolo». Un problema sono gli spostamenti: «Hanno chiuso sia le linee di trasporto pubbliche che private, il Governo vuole arginare il virus nel più breve tempo possibile, basti pensare che in sei giorni hanno costruito un ospedale. Per chi si trova distante dai supermercati esistono taxi appositi che gratuitamente portano la gente da un punto all'altro».

«All'estero - aggiunge - si dice che manchi il cibo, ma non è vero. La verità è che, essendo chiusi i ristoranti, quelli che non sanno cucinare sono in difficoltà, ma i supermercati sono forniti. Non essendoci niente da fare, poi, capita che si decida di andare a fare un giro al supermercato, ma non ho mai trovato ressa o scaffali vuoti».
«La quarantena? È stata una decisione preventiva. Per andare da una parte all'altra della città ci vuole un'ora e mezza, qui vivono dodici milioni di persone, un sesto dell'Italia ed è una sola città. Mi hanno detto che nelle autostrade ci sono posti di blocco, ma non ci sono mai stata». La situazione è tenuta sotto controllo con verifiche quotidiane: «Ogni giorno nel dormitorio c'è una chiamata per cui scriviamo numero di stanza e stato di salute, lo fanno per monitorare la situazione. Ci sono anche numeri di emergenza creati apposta per stranieri e poi c'è la figura del supervisore, la persona con cui si scrive la tesi, il quale è disponibile per aiutare in qualsiasi modo. È un po' come un genitore con cui ci si può confidare se si hanno problemi».
La preoccupazione sta anche in chi vive da fuori: «Sì, i miei familiari ogni giorno ne sentono una diversa e sta a me spiegare davvero come stanno le cose. Perché girano anche false informazioni e video vecchi riferiti però a questa situazione. Anche sul mio conto alcuni media, che non mi avevano nemmeno parlato, avevano fatto illazioni sul mio stato di salute: invece sto benissimo. Qui ora stiamo tutti bene, ogni giorno le università sono disinfettate all'interno e all'esterno, nei luoghi chiusi vengono fornite mascherine, termometri e sapone per le mani».
 

Ultimo aggiornamento: 10:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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