Roma, davanti al pub dove è morto Luca Sacchi: «I genitori ogni giorno qui a piangere»

Sabato 25 Gennaio 2020 di Alessia Marani
Roma, davanti al pub dove è morto Luca Sacchi: «I genitori ogni giorno qui a piangere»

Lumini sempre accesi, fiori nuovi e vecchi, il bigliettino con il cuore celeste lasciato «con amore» da «mamma, papà e Federico» e sopra scritto «Ciao Luca». Nel punto dove la notte tra il 23 e il 24 ottobre Valerio Del Grosso ha sparato alla testa di Luca Sacchi, all’angolo tra via Teodoro Mommsen e via Franco Bartoloni, all’Appio Latino, un palo della segnaletica stradale ospita il simulacro. «Quei genitori - spiegano i residenti - li vediamo quasi tutti i giorni. Vengono a mettere i fiori, a tenere accesi i lumini rossi. Ci fanno una grande tenerezza, ci si stringe il cuore nel vederli. Quel luogo è diventato meta di un continuo e triste pellegrinaggio anche da parte degli amici del ragazzo». Per giorni il ciglio del marciapiede, le strisce pedonali, erano rimaste intrise del sangue di Luca. «E lì ora è come se fosse rimasta l’anima di quel giovane, che riposi in pace», chiosa una anziana che porta a spasso il suo cagnolino. 

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Tre mesi dopo l’omicidio del personal trainer di 24 anni, l’inchiesta è chiusa e a marzo comincerà il processo. Ma il dolore resta, non si cancella, indelebile. I pusher di Casal Monastero, Del Grosso e il complice Paolo Pirino, quella notte scesero come furie dalla Smart bianca lasciata in seconda fila per tendere l’agguato a Luca e alla fidanzata Anastasia Kylemnik: uno armato di mazza da baseball, l’altro di un revolver preso in prestito da Marcello De Propris, pregiudicato di Tor Bella Monaca, anche lui indagato, puntavano allo zaino della ragazza che doveva contenere i 70mila euro necessari per la compravendita di droga. 

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Gli emissari avevano incontrato Anastasia e l’amico della coppia Giovanni Princi (altro indagato) un’ora e mezza prima a ridosso del Parco della Caffarella per appurare che i soldi ci fossero e che l’affare si poteva portare a termine, ma poi Del Grosso avrebbe escogitato l’idea in auto con Pirino: invece di portare loro la droga, sarebbero tornati armati per rapinarli e prendere lo zainetto. La Smart bianca venne vista aggirarsi più volte nei dintorni di via Mommsen e via Latina prima di individuare Anastasia con lo zaino. In quel momento la coppia, insieme con un altro amico e Princi, si era diretta nei pressi del John Cabot Pub all’interno del quale c’era il fratello più piccolo di Luca, Federico. 

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Lo sparo dall’altra parte della strada gettò tutti nel panico. «Dopo quella sera il fratello non lo abbiamo più visto - racconta Maria Assunta che gestisce il locale con suo fratello Michele - ma in realtà non lo conoscevamo e nemmeno Luca e la fidanzata.

Non erano nostri avventori abituali. Purtroppo il nostro pub, sulle prime, è stato associato a quel delitto, ma poi è venuto fuori con chiarezza che non c’entravamo nulla. Abbiamo parlato con carabinieri e polizia, nulla ci è stato mai contestato, ma non poteva che essere altrimenti». Maria Assunta sospira: «Per un periodo qualche cliente si è allontanato, ma poi hanno capito che si poteva continuare a venire senza problemi. Solo che...». Cosa? «Pensiamo ogni giorno a quel ragazzo, Luca. Io ho 22 anni, poteva essere mio fratello, un mio amico. Noi abbiamo subito, per così dire, un danno economico da questa vicenda, ma ovviamente è niente in confronto alla perdita per la famiglia. Noi apriamo tardi, la sera. Non vediamo il papà e la mamma venire qua davanti a portare i fiori, ma li pensiamo sempre. Cerchiamo di scrollarci di dosso tutta questa brutta vicenda, per noi passerà, ma per loro no».

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