Il cinema italiano è spesso escluso dagli Oscar perchè è troppo provinciale e non sa "parlare" al mondo

Venerdì 24 Gennaio 2020
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Gentile Direttore.
per l’ennesima volta il cinema italiano non parteciperà alla serata finale per l’assegnazione degli Oscar. È dal 2014, con il capolavoro di Paolo Sorrentino, “La grande bellezza”, che l’Italia marca visita, suo malgrado, a questo che è il più importante appuntamento della cinematografia mondiale. Eppure storie che approdano a film interessanti, registi e attori non mancano. Ma non basta ad entrare nella shortlist, la lista preliminare di nove film da cui poi viene fuori la cinquina dei finalisti. Miopia dei selezionatori, pregiudizi atavici o che altro ancora? Lei cosa ne pensa?

Mauro Lama 
Treviso

Caro lettore, 
posso provare a rispondere al suo quesito solo da spettatore, non essendo certamente un critico e neppure un cinefilo. Quindi confido nel giudizio benevolo degli esperti su ciò che scriverò. Parto dal suo dubbio finale: non escludo l’esistenza di pregiudizi o preclusioni più o meno ataviche nei confronti del nostro cinema. Ma penso che le ragioni prevalenti all’origine dell’assenza, ormai non rara, di pellicole tricolori alle selezioni finali degli Oscar siano altre. Soprattutto credo ci sia un problema culturale. In Italia abbiamo ottimi registi ed eccellenti attori, ma raramente siamo capaci di raccontare storie e costruire film che abbiano un linguaggio e un messaggio “internazionale”, che siano cioè in grado di coinvolgere un pubblico più ampio di quello italiano.

Siamo troppo autoreferenziali e provinciali, anche nel senso migliore del termine. Raccontiamo soprattutto realtà e mondi che si identificano con quella grande provincia che è, agli occhi del resto del pianeta, la nostra Italia, con i suoi tormenti, le sue passioni, le sue tragedie. Talvolta lo facciamo straordinariamente bene, come nel caso della “Grande Bellezza” di Sorrentino: estetizzante e felliniano ritratto della decadenza intellettuale, culturale e morale di una capitale e di un Paese. Un’efficace “Dolce vita” dei tempi moderni, in costante bilico tra sacro e profano, che non poteva non ammaliare i critici dell’Academy che assegna ogni anno gli Oscar. Ma qui, o non molto lontano da qui, ci fermiamo. Non perchè manchino le qualità artistiche (talvolta anche quelle), ma perchè, soprattutto, il nostro cinema oggi, al contrario di quanto è successo nel passato, raramente riesce a produrre storie che per originalità creativa, ritmo, profondità e capacità di generare emozioni, abbiano la forza di parlare, attraverso le immagini e le sequenze, a pubblici più vasti di quello nazionale. Insomma, siamo un po’ a corto di idee. E purtroppo non solo nel cinema. 
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