Le dimissioni di Di Maio certificano non solo la crisi di M5s, ma la fine di un ciclo politico

Giovedì 23 Gennaio 2020
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Caro direttore,
i grillini mandano via Di Maio non ritenendolo idoneo. Conte invece se lo tiene stretto confermandolo responsabile di un ministero, quello degli esteri, di particolare importanza. I disastri che questo ministro ha combinato in Libia non parrebbero meritargli degli applausi. Ma Conte ormai ha la valigia pronta. ed a lui basta citare Salvini quale causa di tutti i suoi guai. Contento lui. Ma noi e l'Italia? Ci si può permettere di andare avanti così?

Luigi Barbieri
Padova


Caro lettore,
il passo indietro di Di Maio da capo del Movimento 5 stelle e da capo della delegazione grillina al governo, rappresenta la fine di un ciclo. Lo ha ammesso ieri lui stesso, facendo ricorso a un'espressione mutuata dal vocabolario ovattato della politica: «Dobbiamo rifondarci». Vedremo come. Per ora l'ormai ex leader di M5s ha giocato d'anticipo: sapendo che, comunque andranno, le elezioni in Emilia Romagna di domenica si riveleranno una sconfitta per il suo partito, Di Maio ha preferito fare lui un passo indietro, prima che glielo imponessero gli eventi o la piattaforma Rousseau. Ma la sua mossa, a pochi giorni dal voto, ha messo a nudo il caos e il clima da lunghi coltelli che dominano oggi M5s. Sembra incredibile, eppure in meno di due anni il movimento fondato da Beppe Grillo ha dilapidato gran parte dell'enorme patrimonio di consensi accumulato con le elezioni del 4 marzo 2018 quando ottenne oltre il 32% dei voti degli italiani. Un vero trionfo. Ma, ben presto, M5s ha dovuto fare i conti con l'inadeguatezza della sua classe dirigente e con l'incapacità di gestire il complesso passaggio da movimento di opposizione radicale a forza di governo. Il flop di provvedimenti-bandiera come il reddito di cittadinanza e il disinvolto cambio di partner di governo, dalla Lega al Pd e Renzi, hanno fatto il resto, aprendo crepe profonde nel movimento e avviando quel processo di declino, non solo di consensi ma anche politico-ideale, che ieri le dimissioni di Di Maio e le sue parole hanno certificato. A questo punto, sarà difficile anche per Grillo, padre-fondatore di M5s, invertire questa tendenza, rappacificare e rilanciare il movimento. O rifondarlo come vorrebbe Di Maio. Tutto ciò credo che Giuseppe Conte lo avesse, se non intuito, messo in conto ormai da qualche tempo. Non a caso il premier, soprattutto in questi ultimi mesi, ha progressivamente cercato di distinguere il suo percorso politico da quello di M5s, entrando non raramente in conflitto anche con Di Maio e ritagliandosi un ruolo proprio. Non più avvocato del popolo, ma piuttosto avvocato delle istituzioni. Chiaro l'intento: evitare che la crisi e le faide pentastellate travolgessero lui e il governo. Saranno i prossimi giorni, e il risultato delle elezioni in Emilia Romagna, a dirci se il premier è riuscito nel suo obiettivo. 
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