Luca Sacchi, i soldi per la droga erano di Princi. L'accusa dei pm: voleva comprare una casa

Sabato 21 Dicembre 2019 di Giuseppe Scarpa
Omicidio Sacchi, i soldi per la droga erano di Princi

Settantamila euro si sarebbero trasformati ben presto in 150 mila euro. Avrebbero più che raddoppiato il capitale di partenza. Dai soldi investiti per comprare all’ingrosso i 15 chilogrammi di marijuana, il gruppo guidato da Giovanni Princi, avrebbe potuto incassare un bel gruzzolo piazzando la merce al dettaglio. Magari da reinvestire nuovamente, così come forse è avvenuto con quegli stessi 70 mila euro che sono costati la vita a Luca Sacchi

L’epilogo tragico del 23 ottobre culminato con l’assassinio del personal trainer, da parte dei due fornitori della droga, ha mandato all’aria un business redditizio. Un affare lucroso di cui il grande regista, Princi, 24 anni, studente di psicologia, sarebbe stato bene al corrente. Non sarebbe stata questa, infatti, l’unica importante trattativa di stupefacenti gestita dal ragazzo.

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Troppi indizi, e altre due inchieste della magistratura, dimostrerebbero una certa dimestichezza di Princi nel maneggiare soldi e marijuana. Per questo motivo gli inquirenti sono convinti che non esista nessun finanziatore occulto. E più l’inchiesta avanza e più l’ipotesi di un misterioso sponsorizzatore, disposto a mettere 70 mila euro nelle mani di un gruppo di ingenui 20enni, perde quota. Innanzitutto quei 20enni così ingenui non erano. E non lo era soprattutto Princi.

Perciò gli investigatori iniziano a sostenere la tesi che lo stesso studente universitario fosse il più grande sovvenzionatore di sé stesso. I soldi per finanziare la compravendita del 23 ottobre li avrebbe “guadagnati” (è un’ipotesi investigativa) spacciando, reinvestendo e accumulando. Con quegli introiti che solo gli stupefacenti sono in grado di garantire. Soldi facili e con grandi rischi. Magari mandando avanti qualcuno con la faccia pulita. Perciò in parte calcolati. Ma non fino alla fine, vista la morte tragica dell’amico Sacchi. Quest’ultimo sarebbe stato coinvolto assieme alla fidanzata ucraina, la baby sitter Anastasia Kylemnyk

Di fatto, nei mesi precedenti allo scorso ottobre, erano emerse attività sospette di Princi. Un tentativo di acquistare droga era stato monitorato dalla polizia, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla direzione distrettuale antimafia. 

Gli inquirenti, intercettando delle conversazioni telefoniche, erano arrivati sul luogo in cui Princi si era incontrato a Roma con un fornitore, per poi pianificare l’acquisto di una partita di stupefacenti. Il 12 ottobre, dieci giorni prima del suo assassinio, ad accompagnare lo studente di psicologia c’era anche Sacchi. Il venditore all’ingrosso di stupefacenti era Fabio Casale, uno con «pregiudizi penali per traffico internazionale di droga». Tuttavia, e questo dimostra lo spessore che stava raggiungendo Princi, si scopre oggi che il telefonino intercettato da parte della Dda non era quello di Casale. Bensì lo smartphone dell’universitario. 

Quel fatidico incontro verrà poi interrotto dagli agenti. Poliziotti che non trovarono droga addosso ai tre ragazzi. Ad ogni modo quel blitz “convinse” Casale a non voler chiudere nessun affare con Princi. Mentre quest’ultimo, desideroso di investire un piccolo capitale, contatterà successivamente Valerio Del Grosso e Paolo Pirino. I due pusher che poi si trasformeranno negli assassini di Luca Sacchi, nel tentativo di non cedere i 15 chilogrammi di marijuana e rubare lo zaino di Anastasia con i 70 mila euro. 

Gli investigatori, però, al fine di puntellare la loro tesi hanno individuato, oltre ai fornitori di Princi, anche i clienti. Un ragazzino sentito in procura, quale abituale acquirente dello studente universitario, ne ha “lodato” l’efficienza. Il primo incontro avvenne in un locale. «Probabilmente - ha spiegato il giovane- era in cerca di clienti. Mi disse che vendeva marijuana e mi disse di scaricare l’applicazione Wicr per scambiare messaggi che poi si cancellano dopo la lettura». Infine il ragazzino diventa un cliente «da lui compravo 5 grammi due volte al mese, pagando 50 euro ogni volta» Ma soprattutto: «Ogni volta che chiamavo Princi aveva la disponibilità della droga». Come un pusher di buon livello.
 

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