Cerciello, accusato di falso sulla pistola il comandante della stazione di piazza Farnese

Mercoledì 18 Dicembre 2019 di Valentina Errante
Cerciello, comandante dei carabinieri rischia un processo per falso

Quella foto fece il giro del mondo. Un ragazzo in stato di fermo in una caserma a Roma con una benda sugli occhi, il capo chino e le mani legate dietro la schiena. Per quello scatto, che ritraeva in stato di fermo Gabriel Christian Hjort, uno dei due americani accusati dell'omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, rischiano di finire sotto processo due carabinieri. La Procura di Roma ha chiuso gli ultimi filoni di indagine relativi ai fatti del 26 luglio, il giorno in cui Cerciello venne ucciso con 11 coltellate inferte da Finningan Lee Elder. I pm di piazzale Clodio contestano al carabiniere Fabio Manganaro l'accusa «di misura di rigore non consentita dalla legge» per avere bendato il giovane californiano, mentre al collega Silvio Pellegrini il reato di abuso d'ufficio e pubblicazione di immagine di persona privata della libertà per avere scattato la foto, poi diffusa. 

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E anche la Procura militare ha chiuso le sue indagini relative al vicebrigabiere Silvio Pellegrini che già risultava indagato per il reato di «»divulgazione di notizie segrete o riservate«. I magistrati della Procura di Roma, coordinati dal procuratore Michele Prestipino e dall'aggiunto Nunzia D'Elia, hanno notificato l'atto di chiusura delle indagini, che precede la richiesta di rinvio a giudizio, anche nei confronti dell'ex comandante della stazione di piazza Farnese, il luogotenente Sandro Ottaviani. Nei suoi confronti l'accusa è di falso per avere attestato nella informativa di servizio del 29 luglio che la notte il collega di pattuglia Andrea Varriale gli aveva consegnato la pistola di ordinanza al pronto soccorso dell'ospedale Santo Spirito. »Fatto non corrispondente al vero«, scrivono i pm nell'avviso di conclusione delle indagini.

Per la vicenda della foto, scattata in un ufficio della caserma di via in Selci, gli inquirenti hanno accertato che venne diffusa »su almeno due chat Whatsapp, delle quali una dal titolo 'Reduci ex Secondiglianò con 18 partecipanti, dalla quale veniva poi ulteriormente diffusa da terzi ad altri soggetti e chat« arrecando al giovane statunitense »un danno ingiusto«. Pellegrini, inoltre, avrebbe anche fornito »specifiche indicazioni sui primi risultati investigativi ottenuti (circa ad esempio il fatto che i ragazzi erano in cerca di cocaina) violando quindi i doveri inerenti alle funzioni o al servizio o comunque abusando delle sua qualità, rivelava a terzi notizie che dovevano rimanere segrete (tale essendo quella relativa alla individuazione di sospettati nel corso delle indagini di polizia giudiziaria) e comunque agevolava la conoscenza«. Oggi il legale di Pellegrini, Andrea Falcetta, ha dichiarato di essere pronto ad andare al processo serenamente »nella ferma e ribadita convinzione che nessuno dei carabinieri presenti in quella stanza abbia alcunché da rimproverarsi« poichè il suo assistito »ha unicamente condiviso la foto del ragazzo arrestato in una chat di colleghi operativi«.

Nel filone principale la Procura, il 14 novembre scorso, ha chiesto ed ottenuto il giudizio immediato per i due studenti americani che aggredirono Cerciello e il suo collega Varriale in via Pietro Cossa, nel quartiere Prati, dove si erano recati per recuperare uno zaino che era stato sottratto alcune ore prima a Trastevere all'intermediario dei pusher Sergio Brugiadelli.

Nei confronti dei due imputati, che si trovano nel carcere di Regina Coeli, sono contestati i reati di concorso in omicidio, tentata estorsione, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Il processo è stato fissato al prossimo 26 febbraio davanti alla prima corte d'assise.
 

Ultimo aggiornamento: 20:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA