Ilva, non è la prima volta che ArcelorMittal fa saltare un'acquisizione in Italia: ha già dovuto pagare 23 milioni di danni

Giovedì 21 Novembre 2019
Ilva, non è la prima volta che ArcelorMittal fa saltare un'acquisizione in Italia: ha già dovuto pagare 23 milioni di danni
Non è la prima volta in Italia che ArcelorMittal viene accusata di non rispettare un impegno. Il gruppo franco indiano infatti è già stato condannato per aver «mandato a monte un affare già definito» e cioè un accordo di acquisizione del 2008 di Metalsider e Sidermed, due controllate di Finmasi Group, azienda siderurgica con sede a Modena. La società è stata condannata in primo grado, con la conferma in appello, a versare un risarcimento di 23 milioni 745 mila euro all'impresa emiliana ritenuta danneggiata per un «inadempimento contrattuale».

La vicenda, che risale all'epoca del crack Lemhan Brothers e al periodo di crisi conseguente, come si legge nelle carte della causa civile, per una parte è già stata definita in Cassazione e per l'altra, quella che riguarda l'importo definitivo di fatto già pagato ma immobilizzato nelle casse della Finmasi, è in attesa del giudizio della Suprema Corte.

Dagli atti risulta infatti che dal 2007 l'impresa italiana aveva avviato trattative con il gruppo cinese Wuhan Iron Steel per la compravendita dei due rami di azienda e che quest'ultimo alla scadenza dell' «opzione rilasciata il 13.07.2007» e rinnovata il 30 marzo 2008, avrebbe ottenuto una ulteriore proroga fino al 30 giugno 2008. Nel frattempo, però, il 30 aprile di quello stesso anno, in un incontro a Milano, i vertici e dirigenti di Arcelor Mittal Distribution Services France, per la precisione Jean-Marie Barthel (general manager), Philippe Baudon, Daniel Guinabert, Udino Giannini (ora vice presidente Arcelor Mittal Italia) e altri, chiesero a Marcello Masi, patron del gruppo modenese, se «era in grado di aprire una trattativa in forma esclusiva».

Richiesta a cui Masi diede la «propria disponibilità (...) informando i dirigenti che di conseguenza non avrebbe più aderito alla richiesta del Gruppo cinese».
Quando poi l'11 luglio successivo a Londra, «conclusa la trattativa», Barthel «propose di andare a festeggiare (...) al ristorante brindando a champagne», Baudon, commentando i tempi tecnici per ottenere l'autorizzazione dell'Antitrust, «aggiunse la seguente letterale frase: naturalmente Marcello (Masi, ndr) noi dovremmo ricevere l'autorizzazione del nostro Board». Masi replicò: «signori, devo allora intendere che abbiamo concluso questo affare, oppure che abbiamo discusso solo una ipotesi?» e nonostante le assicurazioni di stare «tranquillo», che mancava «una formalità puramente interna». l'affare sfumò.
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