Luciana Boccardi
MODI E MODA di
Luciana Boccardi

Uno stilista che vola alto e solo: come le aquile

Domenica 20 Ottobre 2019 di Luciana Boccardi
Vi  sono tanti modi per raccontare uno  stilista:  come nasce, dove ha studiato, perchè  “lui  e  la moda”, quando gli è arrivato  -  e se gli è arrivato - il successo, cosa si aspetta da lui  il mondo della moda oggi, e cosa si  aspetta lui dalla moda-non-moda che incalza ovunque. Tutte  risposte che i vari curriculum che abbondano nei profili degli stilisti in  genere possono dare  abbondantemente.  Ma esiste una dimensione che corre solo tra chi  fa mestiere di critica (non dico di cronaca!)  della moda e lo stilista - persona, Che non sempre esiste: vuoi perché il critico o la critica non l’hanno saputa decifrare, o perché lo stilista, sia pure bravissimo, non possiede. Parlo di modi, attimi che corrono come lampi, parole apparentemente buttate là, un gesto, un modo di toccare il tessuto, un’occhiata a come sei tu , da parte della persona avvezza a considerare ciò che si vede e si tocca  e lo  sguardo di sghimbescio , oltre il quaderno di appunti ,  da parte dell’intervistatrice-osservatrice del modo di proporsi dello stilista  “in oggetto”.
Nella mia carriera ormai lunga, annosa, ho conosciuto tanti,  tantissimi stilisti,  alcuni bravi, molto bravi, bravissimi,  pochi, pochissimi che abbiano segnato la pagina privata, quella che io chiamo così  perché   riservata a rari incontri destinati a scrivere  quelle  righe che restano.  Oggi esiste un Michele (di cognome) di cui si parla molto :  lo stlista  para-trasgressivo di  “Gucci”.  Io parlo invece dell’altro Michele, del suo opposto,  Michele Miglionico .  Lo incontrai  -  vari  anni fa  - per  vie “ ufficiali”, una sfilata nel quadro di una rassegna che si teneva per l’ alta moda  (parola  “ vietata” oggi  in    Italia  - e in italiano -  ma sempre più accarezzata e  seguita  in Francia   -  e in francese :  haute couture) .  Diciamo che erano gli anni in cui resisteva  ancora da noi un baluardo riservato alla creatività pura, alla moda che potrei  definire “alta” senza etichette, così, per  qualità, senza etichette di “trasgressione obbligata”.
Era allora uno dei “giovani”, quasi una new entry  (nonostante avesse già presentato  sue collezioni in forma  privata, con seguito di un certo interesse manifestato allora per quelle vie dirette  (come le sfilate negli ateliers  dal sapore tra l’internazionale e il casalingo) che sanno dire la verità. Prima di visionare la sua collezione volli conoscerlo:  bastava guardarlo tra i suoi vestiti peraltro superbi nella fattura e nell’invenzione, il   giovane  del Sud che proprio in questa dimensione svolgeva il suo percorso.  
In  occasione della  micro - mostra allestita recentemente a Venezia,  nel  Museo della Moda e del Costume di Palazzo Mocenigo, ho ritrovato  in Miglionico quella  irrequietezza  affascinante,  il suo soffermarsi  sulla  suggestione di un tessuto,  un taglio,  una cucitura , tenendo sotto controllo con uno sguardo felino  la situazione che precede  l’arrivo del pubblico per una sfilata  o una Mostra  still.life, guatando la tua mano che scrive sul quadernino di appunti ciò che lui dice o ciò che tu vuoi sentirgli  dire,   ma sempre agganciato a un  vestito, a una sua opera pronta per il giudizio. Una fierezza che si trasmette quasi in modo sovrumano agli oggetti  che ti presenta,   più  attento ai medesimi che all’interlocutore, fosse anche il giornalista più famoso del mondo.  Miglionico  -  come accadeva a Gianfranco  Ferrè - si  innamora dei  segni:  un nodo, un brillante applicato , solo e suntuoso, sulla punta di un colletto severo, un fiocco colorato,  una piega che gioca ad aprirsi e chiudersi quasi per caso.  O di un colore (il suo rosso resta il suo outing più clamoroso) :  la sua verità. Solo in un altro “animale umano” del  Sud, Gianni Versace allora alle prime armi già ben affilate,   avevo   riscontrato questa  passione  “visibile” che sprizza dallo sguardo , dalle mani  nervose che “raccontano”,  dai pori della pelle, come un ininterrotto  grido di guerra, una sfida.
 Per Michele Miglionico devo ricorrere a stilemi  territoriali anche se in lui si è raffinata una  esigenza di internazionalità del  gusto, uno “stile”  che sa affrontare la moda del nostro tempo senza mai perdere di vista però  la forza dell’origine.  Se  dovessi   riassumere oggi   cosa rappresenta  questo stilista  nel  panorama mondiale della nostra moda, direi che è il “Sud”  internazionalizzato, la forza del  sole, l’imput di un credo che gli ha fatto interpretare come nessuno   “abiti che parlano d’incenso”    ispirati ai costumi delle Madonne lucane  (la sua terra),  giochi di sartoria altissima imparata da lontano, da un padre specializzato nell’alta sartoria, da una vita trascorsa tra crepe , sete, cachemire e chiffon.  Stilista  di grande forza creativa, personaggio   pugnace,  fermo nel   suo  ideale di bellezza che muta con il tempo ma che resta forte e viva,  Michele  Miglionico  sa volare   alto e solo:   come le aquile .


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