Pensioni, mini rivalutazione per assegni tra 1.500 e 2.000 euro. Slittano i versamenti Irpef

Martedì 15 Ottobre 2019 di Andrea Bassi
Rissa sui conti, manovra rinviata. Pensioni, mini rivalutazione. Slittano i versamenti Irpef
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Per ora poco più di un segnale. Una “mini” rivalutazione delle pensioni. L’adeguamento all’inflazione salirà dal 97% fino al 100% per le pensioni lorde tra 1.500 e 2.000 euro mensili. Il beneficio sarà di pochi euro, ma il governo ha comunque voluto provare a tendere la mano ai sindacati nel tentativo di evitare di dover aprire un fronte esterno dopo quelli interni alla stessa maggioranza di governo. Ma il grosso degli assegni, quelli che vanno oltre i 2 mila euro lordi mensili, per adesso rimarrà con le rivalutazioni calmierate decise dal precedente esecutivo giallo-verde anche per finanziarie - parzialmente - la maggiore spesa legata all’introduzione di Quota 100. Il taglio della rivalutazione è crescente in base al reddito e arriva al 60 per cento per gli assegni alti, superiori ai 4.500 euro lordi mensili.

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Intanto però un aiuto sostanziale alla quadratura dei conti arriva da un’operazione contabile decisa dal ministero dell’Economia. I 7 miliardi di lotta all’evasione erano una cifra irraggiungibile. Così 3 miliardi arriveranno dallo slittamento di qualche mese del pagamento dell’Irpef delle Partite Iva. Quei soldi “peseranno” sul 2020 (quando servono), invece che sul 2019 (ormai quasi chiuso. Dunque, a partire dal buon andamento delle entrate verificato alla scadenza del 30 settembre (quando erano chiamate a versare le partite Iva sottoposte agli indici Isa, lavoratori autonomi mini-imprese e professionisti) il Mef proietta per l’intero anno 1,46 miliardi in più rispetto alle stime. Ma nel decreto fiscale la rata in pagamento al 16 novembre verrà fatta slittare al 16 marzo: in questo modo ben 3 miliardi di gettito vengono spostati sul bilancio del prossimo anno. L’esecutivo conta evidentemente sul fatto che il 2019 chiuda comunque ad un livello di deficit soddisfacente e concentra risorse finanziarie sulla delicata manovra in gestazione. Mentre i contribuenti interessati potranno usufruire di un differimento dei termini di ben quattro mesi, senza penalizzazioni.

Un altro segnale il governo ha provato a darlo sugli statali. In bilancio andrà qualche centinaio di milioni in più per il rinnovo del contratto di quanto ipotizzato alla vigilia del vertice. Nel pomeriggio l’agenzia Ansa aveva parlato di uno stanziamento aggiuntivo di 900 milioni di euro. Una somma che avrebbe portato, a regime, la dote per il rinnovo del contratto a 2,7 miliardi di euro. In realtà, non appena terminato l’incontro con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, il leader della Uil Carmelo Barbagallo, ha spiegato che nel 2021 le risorse che il governo metterà a disposizione per l’aumento in busta paga per i dipendenti pubblici sarà di 3,175 miliardi di euro. Significa che invece del miliardo di euro inizialmente previsto, lo stanziamento finale dovrebbe essere di 1,4 miliardi. In questo modo, ha spiegato il segretario della Cgil, Maurizio Landini, si dovrebbe andare oltre gli 85 euro dell’aumento dell’ultimo contratto firmato quando al governo c’era Matteo Renzi. In realtà la partita appare più complessa. I problemi sono sostanzialmente due. Il primo è la ripartizione delle risorse tra il 2020 e il 2021. Il secondo è il destino dell’elemento perequativo, i 20 euro extra garantiti ai dipendenti pubblici con i redditi più bassi. 

Complice la difficoltà di reperire risorse finanziarie sufficienti a causa della necessità di dover sterilizzare gli aumenti dell’Iva, per il 2020 lo stanziamento individuato dal governo per gli statali sarebbe soltanto di 224 milioni. 

LA PARTE RESTANTE
La parte restante, ossia 1,2 miliardi, verrebbe stanziata per il 2021. La domanda è, dunque, se i 224 milioni basteranno a convincere i sindacati a sedersi al tavolo della trattativa e ad aprire il prossimo anno i negoziati con l’Aran, l’Agenzia che tratta per il rinnovo del contratto per il governo. Il tema sarà al centro del vertice tra il ministro della Funzione Pubblica, Fabiana Dadone, e gli stessi sindacati convocato per questa mattina. Probabile che i sindacati chiedano una cifra maggiore sul 2020 per poter aprire i negoziati, una cifra che sia quantomeno in grado di garantire il pagamento degli arretrati di quest’anno e del prossimo. I 3,17 miliardi stanziati, a regime, dovrebbero riuscire a pareggiare l’aumento del 3,48% della precedente tornata contrattuale e, dunque, gli 85 euro mensili lordi in media garantiti ai dipendenti pubblici nel contratto 2016-2018. 
 

Ultimo aggiornamento: 12:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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