Trieste, il giallo delle fondine difettose. Ministero era già al lavoro su «criticità». Questura: «Non c'entrano»

Sabato 5 Ottobre 2019
Sparatoria Trieste, il giallo delle fondine. Ministero era già al lavoro su «criticità»

All'indomani della sparatoria all'interno della Questura di Trieste emergono dettagli più precisi su quanto accaduto in quei minuti drammatici in cui hanno perso la vita i poliziotti Rotta e Demenego e l'attenzione si concentra sulle fondine in dotazione agli agenti.

Come ha fatto il killer a impossessarsi delle pistole di entrambi? Il sindacato Sap segnala «problemi» con le fondine, mentre dal ministero dell'Interno emerge che le «criticità» erano note e si stava lavorando per trovare una soluzione.

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«Nella vicenda dei due agenti uccisi ci sono stati problemi con le fondine. Al primo è stata sfilata la pistola perché aveva una fondina vecchia, in quanto quella in dotazione gli si era rotta. Al secondo agente ucciso, la fondina sarebbe stata strappata dalla cintura», riferisce il Sindacato Autonomo di Polizia (Sap), in merito all'omicidio di due poliziotti ieri nella Questura di Trieste. «Al secondo agente - prosegue il Sap - l'arma sarebbe stata strappata quando ormai era già in terra inerte a causa delle ferite per i colpi esplosi con la prima pistola sottratta».

Il Dipartimento di pubblica sicurezza stava già cercando una soluzione al problema delle fondine. In un documento del 2 ottobre scorso infatti precisava, replicando ad alcune osservazioni sollevate dal Sap, che «sono in corso attività di verifica interna volte all'individuazione della miglior soluzione da poter adottare al fine di superare le criticità riscontrate». «Nello specifico - prosegue il documento - lo scorso mese di luglio è stata acquisita una nuova campionatura realizzata con una differente geometria e con materiale polimerico attualmente in fase di valutazione».


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Per l'associazione nazionale funzionari di polizia, tuttavia, gli strumenti in dotazione degli agenti nulla hanno a che fare con quanto accaduto a Trieste che invece
«dimostra come il rischio ed il pericolo nel nostro lavoro non possa mai essere del tutto eliminato. La vicenda, correttamente e rapidamente ricostruita dalla Questura di Trieste ci restituisce una vicenda dove un imprevedibile raptus da parte di un soggetto regolare sul territorio italiano che si era di fatto costituito grazie all'intervento del fratello dopo aver sottratto uno scooter, ha spezzato le giovani vie di due colleghi».

«Per questo all'immenso dolore che proviamo spiace dover leggere di squallidi sciacalli della disinformazione e del clamore mediatico. La Polizia italiana usa le manette solo quando necessario ed in questa vicenda nulla faceva presagire una reazione così folle. Nulla, in questo caso, c'entrano le dotazioni di mezzi, la preparazione professionale, le disposizioni di servizio».

Laquaniti inoltre invita tutti i colleghi e gli amici della polizia ad eliminare dalle pagine di tutti i social Chef Rubio
«perché certe affermazioni non meritano neanche il nostro disprezzo e sono il frutto di una malata voglia di visibilità».

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«Sfugge ad alcuni approssimativi commentatori da tastiera che la nostra non è solo una delle polizie migliori al mondo ma anche una delle più attente al rapporto con i cittadini - continua la nota - Alle famiglie ed agli affetti dei due giovani agenti rinnoviamo la nostra vicinanza che faremo sentire anche dopo questi primi giorni. Una vicinanza che sentiamo anche verso il Questore di Trieste, Giuseppe Petronzi, che ha sempre guidato in modo impeccabile la Questura e troverà certamente il modo per superare e far superare alle donne e gli uomini della Polizia di Trieste, questo momento di profondo sgomento».

La polizia di Stato parla di
«odiose speculazioni generate ieri da un rappresentante del SAP nel tentativo di correlare la tragica morte di Matteo e Pierluigi all’inadeguatezza dell’equipaggiamento in dotazione, il Dipartimento della pubblica sicurezza dichiara che, allo stato attuale degli accertamenti, in assenza di testimoni e documenti video, è priva di fondamento ogni arbitraria ricostruzione della dinamica che ha portato alla sottrazione dell’arma del collega ucciso per primo. Sconcerta, pertanto, a poche ore dall’evento, la sicumera con cui si traggono frettolose conclusioni sulla inequivocabile riferibilità dell’accaduto alla presunta inadeguatezza della fondina. In un giorno così drammatico ci si sarebbe aspettati, almeno da chi veste la stessa divisa, un rispettoso cordoglio per le vittime e le loro famiglie. Sconvolge che alcuni, al fine di ottenere visibilità, speculino sulla morte dei colleghi caduti in servizio, profanando il dolore dei loro cari e della intera comunità. Se, in seguito, si accerteranno responsabilità di qualsiasi natura se ne chiederà conto, senza se e senza ma, anche per onorare la memoria di chi ha sacrificato la propria vita per il bene comune».

POLIZIOTTI UCCISI A TRIESTE, LA RICOSTRUZIONE Alejandro Augusto Stephan Meran, che si trovava all'interno dell'edificio per un'indagine per furto, è riuscito a sottrarre la pistola in dotazione a Rotta e a fare fuoco. Uditi gli spari Demenego è uscito venendo a sua volta colpito.

Dopo che Alejandro ha sparato e colpito i poliziotti, il fratello Carlysle si è barricato all'interno dell'ufficio di prevenzione generale e soccorso pubblico della Questura di Trieste. Secondo la ricostruzione della sparatoria avvenuta ieri, l'uomo, una volta sentiti i colpi di pistola, impaurito e sotto shock, ha sbarrato la porta dell'ufficio spostando una scrivania. Poi, non udendo più gli spari, è scappato nei sotterranei dell'edificio, dove è stato individuato e bloccato da alcuni agenti.


POLIZIOTTI UCCISI A TRIESTE, IL DOMINICANO NON RISPONDE  Alejandro Augusto Stephan Meran, 29 anni, di origini dominicane, accusato di aver ucciso ieri pomeriggio due agenti della Questura di Trieste, si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande degli inquirenti. Ieri in tarda serata il magistrato di turno e il Procuratore, dopo che il primo in Questura aveva sentito il fratello Carlysle, hanno raggiunto l'indagato all'ospedale Cattinara per interrogarlo. Quest'ultimo però si è avvalso della facoltà di non rispondere. I magistrati lo hanno dichiarato in stato di fermo.  Alejandro Augusto Stephan Meran è accusato di omicidio plurimo e tentato omicidio nei confronti del piantone della Questura. Secondo quanto si è appreso, gli inquirenti ritengono che sussista il pericolo di fuga e di reiterazione di reato e per questo hanno chiesto la custodia cautelare in carcere, misura che il Gip dovrà convalidare o no una volta interrogato il giovane.

Ultimo aggiornamento: 18:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA