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Mete in Japan: ramazze, microbagni e palloni in umido alla Coppa del Mondo di rugby

Giovedì 3 Ottobre 2019 di Paolo Ricci Bitti
Mete in Japan: ramazze, microbagni e palloni in umido alla Coppa del Mondo di rugby
dal nostro inviato
SHIZUOKA
Ramazze. I primi a iniziare sono stati i giapponesi, ma della questione si parlò poco perché il loro rugby fino a pochi anni fa non era in prima fila come oggi. Poi arrivarono le loro maestà gli All Blacks e allora sì che divenne celebre il fatto di lasciare gli spogliatoi così come li si aveva trovati. L’altro ieri dopo Italia-Canada è stata molto vista la foto del pilone azzurro Marco Riccioni che brandeggia una ramazza per raccogliere tutto quello che finisce sul pavimento degli spogliatoi dopo una partita.

E guardate che con i rugbysti di mezzo quel pavimento diventa un campo di battaglia con lapilli di fango, ciuffi d’erba, bende impomatate e spesso macchiate di sangue, lunghe teorie di fasce elastiche, rimasugli di cibo e di bevande, birra, in genere. Una discarica, insomma. Ma a questo primo mondiale in Asia la cortesia e la pulizia dei giapponesi ha contagiato tutte le squadre e così anche star milionarie (purtroppo per lui non mi riferisco al teramano Riccioni ma agli assi delle grandi potenze) che abbiano vinto o che abbiamo perso si danno da fare per ripulire gli spogliatoi.

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Microbagni. Sì, abbiamo sempre letto della carenza di spazio nelle magalopoli come Tokyo, di famiglie costrette ad ammassarsi in angusti locali. Però quando lo si sperimenta, un bagno “tutto compreso” anzi “tutto compresso” in un misero metro quadrato non si resta indifferenti. Si apre la porta ed ecco una “turca” in versione giapponese “salvaspazio”: bisogna accovacciarvicisi sopra, ma con il viso verso il muro perché il Giappone ha introdotto nello stampo della ceramica uno scudo paraschizzi di una trentina di centimetri. Questa base di un metro per un metro (a essere generosi), che ha una vasta apertura al centro e piazzole per i piedi, è in realtà anche il “piatto” della doccia (occhio a non mettere un piede nel buco), Non è finita: da un angolo della “turca” sale la colonnina di ceramica di un minuscolo lavabo sopraelevato con un unico rubinetto che si usa sia per lavarsi le mani (una alla volta) sia per sciacquare la “turca-giapponese” usando la stessa acqua dal lavaggio delle mani: ecologico, ma che ristrettezze.

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Palloni ovali in umido. Per abituarsi alla soffocante umidità dell’estate giapponese (clima caldo umido sobtropicale oceanico) alcune squadre come la Scozia si sono allenate spalmando shampoo oppure olio (di semi vari) sui palloni per innescare l’effetto saponetta che poi si ritroverà in campo. E’ vero: con l’umidità che non mai inferiore all’80% non solo si fa fatica respirare, ma anche a maneggiare gli ovali che sgusciano da tutte le parti soprattutto se provengono da un ruck (raggruppamento a terra) e hanno quindi strisciato sull’erba sempre bagnata. Nel rugby se il pallone cade anche involontariamente in avanti si riprende con una mischia in favore degli avversari, quindi questo scarso grip dei palloni in umido si rivela determinante anche per l’autonomia degli omoni del pack.

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Origami. La gentilezza è effettivamente il piatto forte dei giapponesi, se poi ci fosse anche la conoscenza dell’abc dell’inglese in luoghi frequentati dai turisti sarebbe il massimo. Però agli addetti delle sale stampa della Coppa del Mondo basta un gesto e inchino per suggerire ai cronisti di prendere dai loro banconi uno degli origami colorati che i bambini delle scuole giapponesi hanno realizzato nelle ultime settimane per gli ospiti della Coppa del Mondo sbarcata per la prima volta in questo paese: cicogne, farfalle, dragoni, bellissimi souvenir. Altro che i soliti gadget senz’anima.
 







  Ultimo aggiornamento: 09:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA