Rigopiano, sindaco aggredito in tribunale da una donna: «Hai firmato la condanna a morte di mio figlio»

Venerdì 27 Settembre 2019
Massimiliano Giancaterino
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Aggredito l'ex sindaco di Farindola (Pescara) Massimiliano Giancaterino, questa mattina nel bar del tribunale di Pescara, durante una pausa della seconda udienza preliminare sul disastro dell'Hotel Rigopiano di
Farindola (Pescara). Giancaterino, che è uno dei 25 imputati, è stato aggredito alle spalle, mentre stava prendendo un caffè, da Maria Perilli, mamma di Stefano Feniello, una delle 29 vittime della tragedia.

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La donna avrebbe insultato Giancaterino, che nella tragedia ha perso un fratello, e lo avrebbe colpito con dei pugni. In Tribunale la situazione è diventata caotica.
 

 


Secondo una successiva ricostruzione la donna - che è la moglie di Alessio Feniello, sotto processo a Pescara per aver violato i sigilli dell'area dove è morto il figlio Stefano - ha preso a pugni l'uomo, che poi è caduto a terra, urlandogli: «Hai firmato la condanna a morte di mio figlio». Immediatamente sono intervenute le forze dell'ordine e successivamente anche gli operatori del 118, che hanno assistito Giancaterino.
 


«Stavo prendendo un caffè con i miei avvocati, quando sono stato aggredito. Non so da chi, era una donna. Mi ha picchiato, mi ha riempito di botte. Segue querela». Così l'ex sindaco di Farindola, Massimiliano Giancaterino, all'uscita dal tribunale, scortato dagli operatori del 118, dopo essere stato aggredito dalla madre di Stefano Feniello, una delle 29 vittime, in una pausa della seconda udienza preliminare sul disastro dell'Hotel Rigopiano di
Farindola, in corso di svolgimento questa mattina.

«Era al bar allegramente, quando è stato lui a firmare la condanna a morte di mio figlio e allora l'ho preso a pugni». Così Maria Perilli dopo essere stata identificata dalle forze dell'ordine, in seguito all'aggressione compiuta ai danni dell'ex sindaco di Farindola. Aggressione avvenuta questa mattina nel bar del tribunale di Pescara durante una pausa della seconda udienza preliminare.

«Lui è il doppio di me - ha osservato poi la donna - quindi potete immaginare il male che gli ho fatto...». Perilli infine ha detto: «È stato lui a firmare i primi documenti per l'ampliamento dell'albergo e ha dato la possibilità all'albergo, da quel momento, di essere aperto anche durante l'inverno, non solo d'estate, quindi ha condannato a morte Stefano».


Per quanto riguarda l'udienza è durata solo un'ora: c'è stato soltanto il tempo per l'appello e per presentare altre cinque richieste di costituzione di parte civile (salite complessivamente a 115). Il gup del tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, ha disposto una pausa per consentire lo svolgimento di un altro processo. 

Giancaterino ha poi iferito di essere «stato riempito di botte» e ha annunciato che sporgerà querela. Al rientro in aula il suo legale ha chiesto e ottenuto la sospensione dell'udienza, con rinvio al 25 ottobre, per legittimo impedimento, producendo anche un primo referto redatto dai sanitari del 118.

La pubblica accusa, rappresentata dal procuratore capo Massimiliano Serpi, non si è opposta. «Questo episodio dimostra che in un processo delicato e complicato come questo - ha detto Serpi in aula, rivolgendosi in particolare al pubblico e ai parenti delle vittime - deve esserci la consapevolezza che è indispensabile un clima di serenità affinché si possa procedere nei tempi più celeri possibili».

Immediata, al termine dell'udienza, la condanna del Comitato vittime di Rigopiano. «Condanniamo l'aggressione perché il nostro Comitato ricerca la giustizia nelle aule di tribunale e non fuori - ha detto l'avvocato Niccolò Baldassare a nome del comitato -. La disperazione è comune a tutti i familiari delle vittime, ma non ci può essere giustificazione per questi gesti».

Polemico, con il tribunale pescarese, l'avvocato Romolo Reboa, che assiste diversi familiari delle vittime. «Chi gestisce un tribunale dovrebbe sapere che far venire 29 famiglie delle vittime e una serie di imputati - ha detto il legale - per poi sospendere l'udienza e mandare tutti al bar per far svolgere un altro processo, è sicuramente un fatto che può creare instabilità».

Ultimo aggiornamento: 19:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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