Suicidio assistito, cosa cambia dopo la sentenza della Consulta

Giovedì 26 Settembre 2019
Suicidio assistito, cosa cambia dopo la sentenza della Consulta

Suicidio assistito, cosa cambia dopo la sentenza di ieri della Corte Costituzionale? Il verdetto, che comunque ha sottolineato la necessità di un intervento del legislatore, ha stabilito che non è più punibile chi agevola il suicidio di persone sottoposte a trattamenti di sostegno vitale e «affette da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili».

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Le condizioni
Patologia irreversibile e gravissime sofferenze

La Consulta, con la sentenza di ieri, ha stabilito nel dettaglio le condizioni che rendono non punibile «chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio». Il proposito, secondo i giudici, deve essersi formato «autonomamente e liberamente», in un paziente «tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli». Fino a ieri, l'articolo 580 del codice penale, previsto dal codice Rocco, stabiliva una pena compresa tra i cinque e i dodici anni, per chi avesse aiutato a morire una persona, anche se affetta da patologie incurabili e del tutto inabile con handicap irreversibilmente invalidanti. La legge confliggeva tra l'altro con la norma che prevede le cure palliative, la sedazione profonda e l'interruzione delle terapie in caso di situazioni irreversibili. 

La volontà
l malato deve aver già espresso la sua decisione

I giudici precisano che l'interessato deve avere manifestato la propria decisione «libera e consapevole» quando è ancora in grado di esprimerle. Esiste già una formula per manifestare un simile intento, le cosiddette Dat, disposizioni anticipate di trattamento. Si tratta delle indicazioni che una persona maggiorenne, capace di intendere e di volere, decide di fornire al medico per il futuro, quando non dovesse essere più capace di intendere e volere: disposizioni che richiedono espressamente di non essere sottoposto a trattamenti sanitari anche se salvavita. Le Dat possono essere stipulate da un notaio con una scrittura privata o con una scrittura semplice consegnata personalmente all'ufficio dello Stato Civile del proprio comune di residenza. La dichiarazione deve essere stipulata davanti a due testimoni e può essere resa anche tramite videoregistrazione. Deve essere sempre firmata a mano. Possono anche essere revocate o modificate.

I sanitari
L'eventuale ricorso all'obiezione di coscienza

I primi coinvolti nella nuova pratica sono i medici che si rivolgono al legislatore chiedendo che, è che chi dovesse essere chiamato ad avviare formalmente la procedura del suicidio assistito, sia un pubblico ufficiale rappresentante dello Stato e non un medico. Ed evocano il ricorso in massa all'obiezione di coscienza, che potrebbe di fatto vanificare la sentenza, per un contrasto con il codice deontologico che «vieta ogni atto che produca morte». 
I medici dunque vorrebbero limitarsi a «certificare l'esistenza delle condizioni previste dalla Consulta per l'avvio di tale procedura, ma deve poi essere un pubblico ufficiale rappresentante dello Stato ad autorizzare la somministrazione del farmaco letale». L'Associazione nazionale medici cattolici (Anmci) ha infatti già annunciato che i 400 professionisti iscritti sono pronti all'obiezione di coscienza. Altri 237, invece, avevano firmato un appello in favore del suicidio assistito.

Il Parlamento
Verdetto applicabile anche se non interviene

Adesso le Camere dovranno accelerare. La Corte Costituzionale si è pronunciata «in attesa di un indispensabile intervento del legislatore», che dovrà arrivare. Anche perché, per quando la Consulta abbia definito il perimetro nel quale possa avvenire il suicidio assistito, dettando precise condizioni con una sentenza direttamente applicabile, il vuoto legislativo rimane. Da oggi comportamenti come quelli di Marco Cappato, che aveva accompagnato in Svizzera Fabiano Antoniani, non saranno più penalmente sanzionabili. Il suicidio assistito, a determinate condizioni, chiarite dai giudici, è legittimo. Un anno fa la Corte aveva congelato il caso sollevato dalla Corte d'Assise di Milano, rinviando la decisione per concedere tempo al Parlamento di definire con una legge una questione tanto delicata. La Corte aveva precisato che nel caso specifico il divieto di scegliere il suicidio confliggeva con il diritto alla dignità della persona, costituzionalmente garantito. 
 

Ultimo aggiornamento: 09:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA