La laguna nel bicchiere con le vigne delle isole di Venezia

Giovedì 12 Settembre 2019 di Marta Gasparon
La laguna nel bicchiere con le vigne delle isole di Venezia
VENEZIA - Perfino a Venezia, nelle sue vigne tra centro storico e isole, è tempo di vendemmia. Un'attività tanto antica quanto complessa che l'associazione culturale Laguna nel bicchiere mantiene viva da più di dieci anni grazie ai suoi circa 250 soci-volontari, tutti accomunati dall'amore per il vino e dalla voglia di assaporare i momenti conviviali che vendemmia e imbottigliamento portano con sé. Certo, se il 2018 è stata un'annata favorevole per quantità e qualità dell'uva raccolta, tanto da portare alla produzione di sei tipi differenti di vino rosso e bianco per un totale di 2mila bottiglie, lo stesso non si può dire per la vendemmia di quest'anno. Causa grandine, piogge abbondanti a maggio e caldo torrido a giugno. Senza considerare che la maturazione è in ritardo di una quindicina di giorni. «Stavolta non avremo una grossa produzione, annuncia il presidente, Renzo De Antonia se va bene arriveremo ad un quarto di quella dell'anno scorso».
 
L'ANNATANello scorso fine settimana una quarantina di soci famiglie con bimbi, 50enni amanti del vino e pensionati hanno potuto già vendemmiare il bianco nell'isola di S. Michele e a Malamocco, riempiendo circa 50 cassette. Insomma, l'annata poco propizia è l'amara previsione porterà questa volta alla produzione di un unico vino frutto di uvaggi, ossia di un mescolamento di uve diverse, proprio come si faceva una volta. D'altronde la caratteristica dell'associazione, che oltre alle vigne di S. Michele dove l'uva viene pigiata e dov'è situata la cantina cinquecentesca dei frati, salvata dall'abbandono e Malamocco ne ha in gestione altre due alla Giudecca e alle Vignole, è quella di riprodurre i sapori di più di cent'anni fa. E attraverso un sistema di vinificazione arcaico, senza l'aiuto di macchine, pigiando l'uva (portata a S. Michele con la barca) con piedi e mani, facendola fermentare nel tino spontaneamente. Senza l'aggiunta cioè di lieviti e tenendola nelle botti per quasi un anno prima dell'imbottigliamento. Il risultato, un vino lagunare fedele ai vitigni tipici di queste parti tra Merlot, Glera, Lambrusco e non solo che, in quanto non in vendita, può essere assaporato solo dai soci (salvo le occasioni di degustazione itinerante).
Quella di Laguna nel bicchiere è una storia che muove i primi passi già nel 93, grazie al fondatore Flavio Franceschet, scomparso qualche anno fa, che pensò di coinvolgere i suoi studenti in un'esperienza unica nel suo genere, facendo loro raccogliere l'uva dei frati di S. Francesco della Vigna, con l'obiettivo di catturare i colori, gli odori e i sapori del territorio lagunare. Finché, ormai in pensione, la sua missione divenne quella di riscoprire i conventi produttori e le vigne abbandonate, proteggendo un territorio dimenticato, salvaguardandone paesaggio e tradizione. E lo fece proprio creando l'associazione, che ancora oggi tiene fede all'eredità ricevuta dal proprio padre fondatore.
LE ALTREA Venezia di vigne attive se ne contano parecchie: basti pensare a quelle di Mazzorbo, S. Francesco della Vigna o dei frati Scalzi, per non parlare dei religiosi alla Giudecca. «È un'attività sottolinea De Antonia che si sta riscoprendo da una decina d'anni. E il motivo è anche economico: in fondo qualsiasi cosa venga prodotta a Venezia ha successo». «I vini di laguna spiega Simone Salin, responsabile della cantina hanno delle caratteristiche proprie rispetto a quelli veneti in generale: sono poco alcolici, a bassa acidità e mantengono un leggero sapore di salsedine che, nel Merlot di Malamocco nato fra laguna e mare, è più accentuato». 
Marta Gasparon
Ultimo aggiornamento: 16:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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