Non assunse disabili, la coop deve
restituire 4,2 milioni alla Regione

Martedì 10 Settembre 2019 di Angela Pederiva
foto di repertorio
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VENEZIA -  Dopo la Corte dei Conti, anche il Tribunale di Venezia dà ragione alla Regione e torto a Ipas. Si tratta della cooperativa di Padova che nel 2011 aveva ottenuto 4,2 milioni di euro per acquistare un terreno ed edificare un capannone in cui far lavorare una ventina di persone disabili, nell'ambito del bando sociale promosso dall'allora assessore Remo Sernagiotto, poi finito nella bufera per il caso di Ca' della Robinia. Ma a distanza di anni, quelle assunzioni non erano state effettuate ed era così scattata la revoca del contributo, attraverso il decreto del direttore generale Domenico Mantoan che ora è stato ritenuto legittimo dal giudice civile Daniela Bruni: quei soldi dovranno ritornare alle casse pubbliche.
IL FONDO Il caso era esploso quattro anni fa, quando l'imprenditore Moreno Lando era stato ribattezzato mister 10 milioni per via dell'importo incamerato dalle tre realtà di cui era presidente, attraverso la legge regionale che aveva istituito un fondo di rotazione da 62 milioni per la costruzione e la ristrutturazione del patrimonio immobiliare destinato a servizi sociali e sociosanitari. In particolare 5.117.500 euro erano andati alla cooperativa sociale Athena di Mestre per una casa alpina a Laggio di Cadore, altri 800.000 all'associazione 4Autism per una biofattoria a Pederobba e appunto ulteriori 4.202.000 alla cooperativa di produzione e lavoro Ipas per lo stabilimento di Monselice. Per quest'ultima struttura, pensata come magazzino per il settore della logistica in cui svolgere attività economica con finalità sociali, la convenzione firmata nel 2012 prevedeva questa condizione: «I lavoratori complessivi (svantaggiati e normodotati) da assumere saranno circa 40». Lo stesso impegno era citato nel progetto presentato da Ipas alla Regione, precisando che almeno 20 dovevano essere i «soggetti disabili fisici e psichici provenienti dai Servizi Integrazione Lavorativa delle aziende Ulss». 
I CONTROLLI Ma i controlli effettuati nella primavera del 2015, e dunque «a tre anni dalla firma della convenzione e a due anni dall'agibilità», avevano evidenziato che «Ipas aveva provveduto all'assunzione di 6/7 persone normodotate, di nessun disabile e neppure di soggetto svantaggiato così come non aveva inserito alcun detenuto o ex detenuto», come confermato dal Centro per l'impiego e dal ministero della Giustizia. Per questo Palazzo Balbi aveva disposto la revoca del finanziamento pubblico. A quel punto la cooperativa aveva impugnato il decreto, assistita dall'avvocato Giovanni Attilio De Martin, sostenendo di non aver posto in essere alcuna condotta inadempiente e di non aver violato la normativa in materia. Affermazioni a cui la Regione, difesa dagli avvocati Ezio Zanon e Antonella Cusin, aveva replicato sottolineando che l'assunzione di soggetti disabili non era una mera previsione, bensì un preciso obbligo.
LE MOTIVAZIONI Nel respingere le argomentazioni della cooperativa, il giudice Bruni è partita da un dato ritenuto incontrovertibile: «È pacifico che nessun disabile è stato assunto da Ipas né prima né tanto meno una volta iniziata la fase attuativa del progetto». Poco conta, secondo la sentenza (che potrà comunque essere impugnata in Appello), che il contributo fosse garantito dall'ipoteca iscritta sul capannone: «È ovvio che l'ente finanziatore debba preoccuparsi, tanto più come soggetto pubblico, di recuperare le risorse pubbliche ma la circostanza che ciò sia probabile, per la presenza di un diritto reale di garanzia, non costituisce ragione sufficiente per imporre alla Regione di continuare il rapporto. In tal modo si finirebbe col soprassedere alla tutela dell'interesse pubblico e al contempo verrebbe consentito al soggetto finanziato di restituire quanto ricevuto secondo la tempistica pattuita in origine, probabilmente più favorevole di quella che sarebbe stata concessa da un istituto bancario». Le motivazioni del verdetto smontano anche la giustificazione della difficile congiuntura, citata dalla difesa di Lando anche davanti alla Corte dei Conti: «Il progetto è stato liberamente presentato e congegnato da Ipas nel 2011: all'epoca la crisi economica in Italia era in essere da anni e non vi erano previsioni ottimistiche di un suo superamento in tempi brevi sicché l'attrice avrebbe dovuto tenerne conto nella predisposizione del progetto».
 
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