Da "Fuffa" allo "Zappatore", il vocabolario della nuova sceneggiata italiana

Domenica 18 Agosto 2019 di Mario Ajello
Da "Fuffa" allo "Zappatore", il vocabolario della nuova sceneggiata italiana
A suo modo è una crisi di governo che affonda in pieno nella cultura italiana. Perfino in quella culinaria: «La frittata ormai è fatta». E in quella musicale di «Piange il telefono» e al Salvini che dice «il mio telefono è sempre acceso e aperto» i 5 stelle possono rispondere con Domenico Modugno: «Piange il telefono perché lei non verrà». Cioè la riconciliazione impossibile in cui spera il Capitano. Ma è anche una crisi in cui il lessico pop bombarda il vecchio politichese riuscendo quasi a farlo rimpiangere o comunque a creare la grande confusione degna di entrare, come capitolo aggiuntivo ma minore, in quel capolavoro cinematografico di Mel Brooks intitolato la «Pazza storia del mondo».
Si può compilare un vocabolario di stagione. Sperando che passi presto.

AVANTI. Macché, indietro! «Andiamo avanti» è stato lo slogan del salvinismo trionfante, in questo quasi anno e mezzo in giallo-verde. Poi alla Marcia su Roma è seguita la Retromarcia su Roma. E non «O Roma o Morte» ma «O Roma o Orte».

BIBBIANO. Il Pd, per i 5 Stelle, non era il «partito di Bibbiano»? Ora non più. E davanti al Cln giallo-rosso e anti-verde non c'è Bibbiano che tenga.

COLLE. La partita per il Quirinale 2022 s'intreccia con quella in corso. Ed è apertissima. I pretendenti non mancano, specie dentro e intorno al Pd. Mario Draghi in pole position.

DULCE STIL NOVO. C'era una volta il Duce. Poi Matteo è diventato il Dulce, o almeno questo è il soprannome affibbiatogli in queste ore in cui tatticamente sembra meno cattivo sulla vicenda Open Arms.

EMERGENZA. Alla base della voglia di mettersi tutti insieme per salvare il Paese c'è sempre una Emergenza (democratica). Così fu al tempo del terrorismo. Non si sbagliò. Ma guai a esagerare con i paragoni.

FUFFA. Ovvero il celebratissimo taglio del numero dei parlamentari?

GIUSTIZIA. E' il vero tema dirimente tra i partiti, la vera spia culturale delle differenze in campo. Se nasce il «governo di legislatura», sarà un bel problema far coincidere il giustizialismo grillino con la faticosa ricerca di un approdo al garantismo che da tempo impegna il Pd. E il pericolo potrà essere che M5S riporti la sinistra nel Medioevo.

HOTEL. Il Metropole, naturalmente.

ISOLAMENTO. I maggiorenti del Pd sono tutti per il governo giallo-rosso. La prudenza di Zingaretti in questo somiglia a un isolamento. Ma se partire può essere relativamente difficile, proseguire con soddisfazione e fattività per il nuovo governo sarà abbastanza arduo. E magari si scoprirà che avevano un senso le prudenze di Nicola.

LODO. Il lodo Pierre Mendès France (statista, 1907-1982) dice così: «E' meglio perdere un'elezione che perdere l'anima. Un'elezione si può rivincere dopo 5 anni, che vuole che sia? Ma se si perde la bussola, o si perde l'anima, per ritrovarle ci vogliono generazioni».

MILANO. Marittima. Non è riuscita a diventare la nuova capitale d'Italia.

NEMESI. L'arroganza va a cavallo e torna a piedi (proverbio meridionale ricordato dall'ex senatore berlusconiano Cesare Viceconte).

OBAMA. Calenda: «M5S, nella retorica alla Delrio e di quelli che vogliono il governo con loro, è diventata la merkeliana Cdu. Altri due o tre giorni e cominceremo a paragonare Luigi Di Maio a Barack Obama».

POPOLO. La parola al popolo a volte si dà e a volte si aspetta a dargliela. Che cosa conviene all'Italia?

RESPIRO. «Il governo non dovrà essere di corto respiro».

SORPRESA. All'undicesimo giorno di crisi ancora non s'è dimesso nessuno (Salvini e i ministri attaccati alla poltrona come tutti gli altri) ma al quattordicesimo, martedì, si dimetterà Conte. Dicendo che Matteo è un ... (vedi voce qui sotto).

TRADITORE. Non solo lui.

URSULA. Il modello van der Leyen come riferimento nobile. Manca solo Silvio Berlusconi nel governo in fieri e sarebbe la quadratura del cerchio. C'è speranza?

VELLEITÀ. Non devono vincere loro.

ZAPPATORE. O meglio: O Zappatore. Poteva mancare la sceneggiata napoletana in tutto questo? No. Ecco allora Di Maio, vestito come Mario Merola, che dice al fedifrago Matteo: «Addennocchiate... e vàsame sti mmane!».

 
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