Ci rendiamo conto di quanto ci costa in salute ogni incidente stradale? Se noi pensassimo alla nostra salute come un capitale, un tesoro da custodire con cura per goderne a lungo, saremmo molto più prudenti e responsabili in ogni aspetto della vita. Guida in primis. Ed educheremmo i nostri figli ad essere molto più prudenti e rispettosi delle regole della strada. Ma anche di comportamenti salvavita, a cominciare dall'evitamento di alcol e droghe, e dalla pratica regolare di sport, musica e lettura.
L'abitudine al bollettino delle stragi sulle strade sembra aver cancellato dalla mente la percezione delle conseguenze. Col risultato che sapere di morti e feriti per incidenti stradali non modifica i comportamenti individuali alla guida. Solo stop all'alcol, limiti di velocità, multe e cinture di sicurezza, anche per chi è seduto accanto e dietro al conducente, hanno ottenuto qualche risultato. Eppure ogni incidente stradale comporta un prezzo in salute: non solo quello estremo della vita, ma anche quello a lungo termine dei danni mentali e fisici che comporta. Ogni incidente distrugge una quota del nostro tesoro di salute. Per il guidatore imprudente, per i passeggeri e per gli innocenti coinvolti in incidenti in cui non hanno responsabilità alcuna.
Da medico penso in particolare ai traumi alla testa e ai danni neurologici a lungo termine. Non solo quelli clamorosi da evidente emorragia cerebrale, ma anche quelli invisibili con gli attuali mezzi di indagine, come la Risonanza o la Tac, ma visibilissimi a livello microscopico e funzionale. Accelerazioni, torsioni, scontri frontali causano la morte di migliaia di cellule nervose e la distruzione di milioni di collegamenti tra i neuroni di diverse aree del cervello. Causano cefalee invalidanti, ansia e depressione. Disturbi dell'attenzione, della concentrazione, della memoria e, quindi, dell'apprendimento, amputando il futuro a scuola, nella professione e nella vita. Causano vertigini e senso di instabilità. Minano la gioia di vivere, su molti fronti. Causano angoscia e sensi di colpa, se si ha un cuore, quando in un incidente si è causata la morte, o l'invalidità, di un'altra persona.
Quanto riflettiamo su questo, quando ci mettiamo alla guida? Quante volte pensiamo che tutto questo accelerare ci fa correre più rapidi verso il cimitero? O comunque verso una vita oscurata, perché ogni neurone che muore traumaticamente è un quanto di luce in meno nel cervello, nel pensiero e nella nostra vita? Ed è un quanto di luce in meno anche nella quotidianità: per i tempi lunghi di riabilitazione, tanto meno adeguati quanto minori sono le risorse economiche e il livello culturale; per le sequele di dolori da frattura, ossei, articolari e posturali, tanto maggiori quanto più si è avanti con gli anni ed è grave il danno subìto.
Oggi il nostro tesoro di salute ha un nemico in più: i monopattini a motore, e simili, già diffusissimi nelle grandi città dove è allarme rosso per i primi morti. Sabato scorso, 27 luglio, è iniziata la sperimentazione dei mezzi di micromobilità in Italia: monopattini elettrici, monocicli (monowheel), e altri mezzi diversi di trasporto personale che combinano informatica, elettronica e meccanica (segways). Come annunciato lo scorso 4 giugno dal Decreto del Ministero dei Trasporti, questi mezzi destinati alla mobilità dell'ultimo miglio (dove non è possibile arrivare con i mezzi pubblici e i veicoli privati tradizionali) saranno utilizzabili a tutti gli effetti all'interno dei programmi di sperimentazione che verranno avviati nelle città. Intanto i Pronto Soccorso registrano un aumento vertiginoso di traumi da monopattino, guidati senza casco, senza protezioni e senza regole. Come si fa a dare in mano a un bambino o a un adolescente un monopattino che può superare i 20 chilometri l'ora? Fino a quando si potranno guidare queste anguille elettriche su e giù dai marciapiedi e contromano? Perché si può guidarli senza casco, senza guanti, senza luci di posizione, senza ginocchiere? Certo, lo stesso vale per le biciclette, con pedalata assistita o normali. La strada non è una giostra, ma per molti sembra sia un parco giochi a uso personale, con gli altri, pedoni o ciclisti, usati come birilli.
Con ogni mezzo, dal monopattino all'automobile o al camion, per proteggere il nostro tesoro di salute ci vogliono prudenza, prudenza, prudenza. Consapevolezza e autoprotezione. Per tutti, vale una regola: per fare, e farsi, male, basta un secondo. Per tornare in forma come prima, può non bastare l'intera vita.
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Ultimo aggiornamento: 16:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA
PASSIONI E SOLITUDINI di
Alessandra Graziottin