«Mattarella riporti a casa nonno Pino»: in carcere in Alabama a 86 anni

Giovedì 18 Luglio 2019 di Lauredana Marsiglia
Giuseppe Lo Porto
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BELLUNO - Ora che anche il Consiglio di Stato ha definito illegittima l'estradizione di Giuseppe Lo Porto, 86 anni, cardiopatico, in carcere dal maggio 2012 nello stato dell'Alabama dove deve scontare due ergastoli per una presunta violenza sulla figliastra, il suo legale Luciano Faraon del foro di Venezia, scrive al Capo dello Stato chiedendo un suo intervento a livello diplomatico ed umanitario affinché gli Usa provvedano alla sua immediata scarcerazione. Nel frattempo si è mosso anche il Ministero di Giustizia. Ma si è mosso anche il Comune di Pieve di Cadore che da un mese ne ha ripristinato la residenza. «Sono certo dell'innocenza di Lo Porto - scrive Faraon al Presidente - vittima di un progetto di sexual business organizzato dalla sua ex coniuge per sottrargli il patrimonio accumulato negli Usa (circa 3 milioni di dollari, ndr), cosa poi avvenuta».

 
Il dramma di Lo Porto, siciliano emigrato negli Stati Uniti dove fece fortuna sposando successivamente la donna che lo avrebbe poi spogliato di ogni bene, passa anche per Cortina dove, nel 2006, ottenne la cittadinanza italiana, rinunciando a quella americana. In America era stato arrestato per i presunti reati contro la figliastra, da lui riconosciuta legalmente, e poi rilasciato su cauzione. Secondo il suo legale, che fa parte dell'associazione che si batte contro gli errori giudiziari, Lo Porto è due volte vittima: in Alabama dove è stato condannato ad una pena a vita su prove ritenute montate ad arte e, peggio, in Italia dove sarebbe venduto per incassare 5mila dollari di taglia nonostante prima il Tar e poi il Consiglio di Stato avessero sospeso il procedimento di estradizione. Quella somma sarebbe stata incassata da un alto funzionario dell'Ufficio estradizioni del Ministero, probabilmente lo stesso che avrebbe chiesto a Lo Porto una tangente da 150mila euro per non firmare l'atto di consegna alla Fbi. Una concussione che spaventò Lo Porto, costretto a cercare rifugio in Olanda. Qui fu raggiunto da un'altra richiesta di estradizione che però l'Olanda rigettò sia per motivi umanitari, sia per carenza di elementi probatori rispetto alle pesanti accuse. Lo Porto venne successivamente arrestato a Pieve di Cadore, dove aveva fatto rientro, ed estradato in Alabama. Qui si trova da sette anni, duranti i quali non ha mai smesso di proclamare la sua innocenza, cercando di gridare al mondo la violazione di tutte le normative giuridiche e umanitarie perpetrate dall'Italia. Veri e propri colpi di spugna, commessi a livello Ministeriale, per cederlo all'Alleato in un periodo in cui bolliva ancora il caso di Abu Omar. «Nei giorni in cui Lo Porto veniva estradato - scrive Faraon - era già noto che di lì a pochi mesi la Cassazione avrebbe pronunciato il verdetto finale (che poi fu di condanna) a carico degli agenti della Cia coinvolti nel sequestro di persona del noto esponente islamico. Il timore che si volesse tener buono il potente Alleato. Il non voler opporre ostacoli nelle altre vertenze pendenti tra Italia e Usa può essere solo fantapolitica, ma è opportuno che siano le prove ad escluderlo».

Lauredana Marsiglia
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