Massacro di Rolle. Papa in aula: quel sorriso ai familiari. Katiuscia sviene

Venerdì 5 Luglio 2019
Massacro di Rolle. Papa in aula: quel sorriso ai familiari. Katiuscia sviene
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TREVISO - Capelli corti, camicia blu, ha lanciato un sorriso ai familiari prima di concentrarsi sulla discussione apertasi in Aula d'Assise in tribunale a Treviso, dove ieri mattina è iniziato il processo che lo vede imputato per duplice omicidio volontario aggravato, tentativo di distruzione di cadavere, furto e incendio. Di fronte a Sergio Papa, il 35enne di Refrontolo accusato di aver barbaramente ucciso il 1. marzo 2018 Loris Nicolasi e Annamaria Niola, i coniugi trucidati nel giardino delle loro abitazione di Rolle, c'era Katiuscia, figlia della coppia. Primo e unico teste sentito in giornata dalla giuria, ma solo dopo essersi ripresa da un mancamento che l'ha costretta a prendersi diversi minuti di pausa, sintomo della tensione che si respirava in aula all'inizio di un processo in cui Procura e  difesa hanno affilato le lame in vista di una battaglia che si preannuncia all'ultimo sangue. Da un lato gli inquirenti con il sostituto procuratore Davide Romanelli, sicuri della solidità degli indizi raccolti che collocherebbero inequivocabilmente il 35enne sul luogo del delitto, dalle intercettazioni telefoniche alle testimonianze dei vicini di casa fino alla traccia di Dna trovata sotto le unghie della donna e le dichiarazioni di un conoscente del giovane al quale avrebbe confessato la responsabilità del delitto. Dall'altro la difesa dell'avvocato Alessandra Nava, che di fronte a un processo di fatto indiziario, è pronta a smontare passo passo (traccia di Dna compresa) la ricostruzione dell'accusa, secondo la quale Papa, scacciato la mattina del 28 febbraio dal rustico in ristrutturazione dei Nicolasi (dove aveva passato la notte), sarebbe tornato il giorno successivo, quando redarguito per una seconda volta dai coniugi, avrebbe impugnato la roncola, mai ritrovata, con la quale sono stati martoriati i due anziani.
IL RACCONTO
Ieri mattina erano stati convocati in aula 6 testi ma c'è stato il tempo solo di sentire Katiuscia Nicolasi, che prima di salire sul banco dei testimoni ha accusato un mancamento. «Sente la tensione, è inevitabile» ha spiegato l'avvocato di parte civile Roberto Quintavalle, che l'ha fatta stendere prima che l'udienza potesse riprendere. Katiuscia ha risposto alle domande del pm e dell'avvocato della difesa, ricostruendo, non senza qualche comprensibile contraddizione, quanto accaduto il 28 febbraio, quando i genitori, una volta rientrata dal lavoro, le hanno raccontato di essersi imbattuti in Sergio Papa. «C'erano già stati degli avvistamenti sospetti nei giorni precedenti, ma quella mattina hanno trovato quel giovane proprio dentro al rustico. Era armato. Per quello la stessa sera mio padre ha tolto tutti gli attrezzi pericolosi dal rustico e li ha portati in casa, dove c'è la caldaia». Katiuscia espone anche un elemento del tutto nuovo, ovvero che i genitori, la sera del 28, erano andati in caserma per presentare denuncia ai carabinieri. «Sono andati però piuttosto tardi, verso le 18, la caserma di Cison era chiusa e sono tornati indietro senza concludere nulla». Circa 14 ore dopo sono stati ritrovati senza vita nel giardino della loro abitazione.
L'ORRORE
Poi Katiuscia ripercorre il giorno del massacro, quando rientra dal lavoro, verso le 14,30, e trova la casa a soqquadro. «La porta era aperta, dentro era tutto per aria: documenti per terra, materassi rovesciati, vestiti e oggetti ovunque. Sono scesa e ho chiamato mia zia Antonietta. Solo dopo ho trovato mio padre. Aveva la testa riversa, un taglio orizzontale sulla schiena e il ventre squartato come un maiale, oltre a un buco sul collo: mi ricordo che le tracce di sangue sono poi rimaste per giorni e giorni su quel terreno argilloso». Il corpo di Annamaria è stato invece ritrovato più tardi, quando Katiuscia chiede disperata aiuto a un vicino, con il quale contatta i carabinieri. «Era già morta, ma io la sentivo ancora gridare - ha raccontato in aula la figlia visibilmente scossa -. Per fortuna non le ho visto il volto». Secondo la ricostruzione degli inquirenti il movente del delitto sarebbe un semplice furto in casa. «Mancavano le chiavi della villetta ma anche quelle della macchina di mio padre e due passaporti» ha spiegato Katiuscia incalzata poi dalla difesa su un dettaglio: quello relativo alle tracce di cenere ripulite dalla donna. «C'era la porta della stube aperta e i gatti stavano portavano in giro per tutta la casa. Istintivamente mi sono messa a pulire e poi mi sono detta: cosa sto facendo? Avevo appena trovato il corpo di mio padre».
Alberto Beltrame
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Ultimo aggiornamento: 10:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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