Amanda Knox in lacrime: dipinta come mostro, ho pensato al suicidio

Sabato 15 Giugno 2019
Amanda Knox: «Arrivai a pensare di aver ucciso Meredith e averlo rimosso»
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Amanda Knox parla dal palco a Modena dove decine di giornalisti si sono accreditati da più Paesi per ascoltarla al Forum Monzani per il Festival della giustizia penale. La 31enne di Seattle dice la sua per la prima volta ufficialmente nel suo primo ritorno in Italia dopo l'assoluzione nel processo per l'omicidio di Meredith Kercher. E in lacrime accusa i media: «Hanno costruito una storia su di me per condannarmi, non li assolvo».

«Il primo novembre 2007 - attacca Knox - un ladro, Rudy Guede è entrato nel mio appartamento, ha violentato e ha ucciso Meredith. Ha lasciato tracce di dna e impronte. È fuggito dal Paese, processato e condannato. Nonostante ciò un numero importante di persone non ha sentito il suo nome, questo perché pm, polizia e giornalisti si sono concentrati su di me. Giornalisti chiedevano di arrestare un colpevole. Hanno indagato me mentre Guede fuggiva. Non basandosi su prove o testimonianze».



«Solo su una intuizione investigativa.

Pensavo di aiutare la Polizia ma sono stata interrogata per 50 ore in una lingua che non conoscevo bene. Dicevano che mentivo». «Ho anche pensato che quello di cui mi accusavano fosse vero, di averlo rimosso. Mi hanno logorato e completamente confusa», dice la ragazza americana. «Ero innocente, ma il resto del mondo aveva deciso che ero colpevole, avevano riscritto la realtà. Passato, presente, futuro non contavano più. I pm e i media avevano creato una storia e una versione di me adatta a quella storia».

A causa dell'intervento dei media «l'inchiesta è stata contaminata. Era impossibile avere per me un processo giusto. L'opinione pubblica non deve rispondere a nessuno, non ci sono regole se non che il sensazionalismo vince: nella Corte dell'opinione pubblica non sei una persona umana, sei un oggetto da consumare». 

«Sul palcoscenico mondiale io ero una furba, psicopatica e drogata, puttana. Colpevole. È stata creata una storia falsa e infondata, che ha scatenato le fantasie della gente. Una storia che parlava alle paure della gente. Non potevo più godere del privilegio della privacy. La mia famiglia veniva descritta come un clan. Io prima del processo ero sommersa da una montagna di fantasie da tabloid». 


«Avevo zero motivazioni per uccidere la mia amica, zero tracce del mio dna sono state trovate sul luogo del delitto. Poi ho sentito il giudice pronunciare la parola "colpevole". Il verdetto mi è caduto addosso come un peso schiacciante, non potevo respirare. Le telecamere lampeggiavano mentre uscivo dal tribunale».

«Di recente sto pensando al mio pm, Giuliano Minnini, vorrei avere un faccia a faccia con lui, al di fuori dalle aule, al di fuori del ruolo di buono e di cattiva. Ho sempre pensato che fosse questa contrapposizione che rendeva impossibile la comprensione», è il desiderio che Amanda Knox ha espresso davanti alla platea del Forum Monzani di Modena. «Per me a vent'anni quel pm era come un mostro con un solo obiettivo, distruggere la mia vita. So che questa immagine di lui è sbagliata. Sono stati i media ad aiutarmi a rendermene conto. Nel documentario di Netflix non ho visto un cattivo, un mostro, ma un uomo con motivazioni nobili, che voleva rendere giustizia a una famiglia in lutto. Un giorno mi piacerebbe incontrare Minnini - ribadisce Amanda Knox - e spero che, se ciò accadrà, anche lui riesca a vedere che anche io non sono un mostro, ma semplicemente Amanda».

«Sono grata anche al pm dottor giuliano Minnini, al suo intento di riportare giustizia per Meredith e per una famiglia in lutto. Sono grata ai Kercher per l'amore che hanno infuso in Meredith, un'amicizia che ho vissuto per troppo poco». 

«Se ho tratto beneficio economico dall'essere qui? No, non sono stata pagata per esserci. A ripagarmi è stato questo invito», ha risposto alla domanda sulle polemiche in merito a suoi presunti guadagni a seguito del caso Meredith. «Posso dire che molte persone hanno preso profitto dalla mia storia. Ci sono tanti autori della mia vita ma io sono solo una». Successivamente Knox ha ribadito la sua innocenza con forza, sul palco del Forum Monzani: «Raffaele ed io non c'eravamo in quella casa. Io non c'ero e lui nemmeno. Non avevamo fatto niente e non sapevamo. Mi dispiace che dobbiamo ripeterlo sempre - ha concluso -: significa, ogni volta che mi viene chiesto, che la mia risposta non conta nulla in realtà».

«So che nonostante le assoluzioni della Cassazione io rimango una figura controversa al cospetto dell'opinione pubblica, soprattutto in Italia. So che molte persone pensano io sia cattiva». «Tanta gente pensava che fossi pazza a venire qui, che non era sicura, che sarei stata attaccata e falsamente accusata e magari rimandata in carcere. Ho paura, oggi, di essere derisa, molestata e incastrata di nuovo. So anche che alcuni dicono che - aggiunge Knox - con la mia presenza qui io stia profanando la figura di Meredith. Si sbagliano. Io continuo ad essere ritenuta responsabile e questo dimostra quanto siano potenti le narrazioni false, quando ampliate dai media».

«Quando ero in carcere ho meditato sul suicidio». «A vent'anni ero una ragazza felice e vivace e sono stata costretta a trascorrere da sola i miei primi anni venti, imprigionata in un ambiente disumano, malsano e imprevedibile. Invece di sognare una carriera o una famiglia, ho meditato - le parole di Amanda Knox - sul suicidio. Tutti i membri della mia famiglia hanno sconvolto le loro vite a seguito di questa vicenda».

Ultimo aggiornamento: 19:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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