Una strage per vendicarne un'altra, con la regia dell'Isis. Nel giorno del lutto e della sepoltura delle vittime di Pasqua, salite a 321, nello Sri Lanka si delineano i dettagli del peggior massacro terroristico che quella parte del mondo ricordi dalla fine della guerra civile, dieci anni fa. E si temono nuovi attacchi. Attraverso la sua agenzia Amaq, pur senza fornire alcuna prova di un coinvolgimento diretto, il Califfato ha rivendicato gli attentati che - secondo le prime indagini del governo - sono stati una «rappresaglia» per la strage nelle moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda, che il 15 marzo scorso hanno provocato la morte di 50 fedeli musulmani.
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A prima vista sembra una rivendicazione generica, di quelle che l'Isis fa sempre più spesso mettendo un cappello difficilmente verificabile agli attentati in mezzo mondo e parlando di «combattenti dello stato islamico» che «hanno condotto l'attacco». Ma a supportare l'ipotesi della sua effettiva regia c'è la diffusione a stretto giro della foto di un uomo che viene indicato come il capo dei kamikaze e di quelle di altri sei, con il nome di battaglia e la dislocazione nei luoghi degli attentati realizzati nel giorno della «Festa degli infedeli», come viene definita la Pasqua. A collegare poi la rivendicazione alla strage di Christchurch è stato il ministro della Difesa Ruwan Wijewardene, riferendo in parlamento. Il premier Ranil Wickremesinghe ha precisato che è convinzione del governo che dietro il piccolo gruppo locale National Thowheed Jamath ci potrebbero essere «alcuni legami» con l'Isis, avvertendo che sono possibili nuovi attacchi perché agli inquirenti risulta che ci siano altro esplosivo e altri terroristi ancora in giro.
Il National Thowheed Jamath, inoltre, sarebbe legato - sempre secondo il ministro della Difesa - a un altro gruppo di matrice islamica, il Jammiyathul Millathu Ibrahim. Gli arresti di sospetti coinvolti a vario titolo nell'organizzazione delle stragi sono finora 40: tutti cittadini cingalesi, alcuni dei quali hanno viaggiato all'estero - forse foreign fighters - e sono poi rientrati. Ad aiutare nelle indagini e nelle identificazioni anche le videocamere di sorveglianza. In una delle sequenze più agghiaccianti, ripresa nei pressi della chiesa di San Sebastiano, si vede un giovane barbuto con uno zaino all'apparenza pesante - l'uomo cammina leggermente ricurvo - che avanza verso l'edificio, lo costeggia ed entra da un'entrata laterale. Mancano pochi secondi all'esplosione. Poi più nulla. In un Paese ancora sotto shock dove continua il coprifuoco e lo stato d'emergenza e i social media sono ancora bloccati per il timore del diffondersi di fake news è giorno di lutto nazionale. Cattolici, induisti, buddhisti hanno reso omaggio alle vittime. E la gente ha cominciato a seppellire i suoi morti e i bimbi (in tutto 45, compresi gli stranieri) uccisi dalla follia dell'estremismo islamico.
Troppe le vittime e troppo poco lo spazio nei cimiteri: molte bare sono state calate in fosse comuni.