«Dopo l'uragano Vaia vendo un rene per aggiustare la mia casa, aiutatemi»

Lunedì 15 Aprile 2019
«Dopo l'uragano Vaia vendo un rene per aggiustare la mia casa, aiutatemi»
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LONGARONE - «Dopo la tempesta Vaia, vendo un rene per aggiustare la mia casa: 60mila euro». Maria Rosa Teza, 53 anni di Pirago, ha fatto girare nei giorni scorsi, questo appello, tramite un post sui social. Lo ha inserito su vari gruppi Facebook, da “Belluno compra, vendi scambia” a “Sei di Treviso” a “Sei di Bologna” e molti altri per darne massima diffusione. Aveva fissato anche il prezzo dell’operazione: un rene per 60mila euro, ovvero i soldi che le servono per sistemare la casa dopo Vaia.
 
 


La sua, in realtà, come spiega la stessa Maria Rosa, era una provocazione, anche se qualcuno l’ha presa sul serio e l’ha contattata in privato per acquistare quell’organo messo in vendita. Dopo poco però il post è stato censurato e cancellato da Facebook perché «non gli standard della comunità». «Non capisco perché afferma Maria Rosa Teza-. Non ho offeso nessuno, non c’erano immagini sconce, non c’era nulla che andasse censurato. Anzi forse così finalmente la gente capiva il livello di disperazione al quale ci hanno portati». 
 

LA DISPERAZIONE
Il 29 aprile saranno 6 mesi che Maria Rosa, sua figlia con il bambino e il figlio sono costretti fuori dalla loro abitazione di La Muda, in comune di Longarone. Il conto da pagare per rimetterla a posto sfiora i 70mila euro. «Venti mila - spiega la 53enne di Longarone mi sono stati prestati da mio padre per sistemare la copertura, altrimenti con la prima pioggia sarebbero stati ancora danni. Io ad oggi non ho visto un soldo. Per il fondo welfare che è stato liquidato, si parla di un paio di migliaia di euro, ovvero nemmeno l’Iva per la sistemazione del tetto. Viviamo in una casa che un’amica ci ha messo a disposizione, ma le spese ovviamente raddoppiano». Le bollette dell’abitazione principale, più quelle della nuova casa, e anche se l’amica non chiede affitto, qualcosa per il disturbo lo devono pagare. «Ora - spiega ancora la Teza - mia figlia ha deciso di prendere una casa in affitto a Belluno, ma per me, che lavoro in Cadore è improponibile. Quanto dobbiamo aspettare ancora per avere i soldi dei danni? Si è pensato prima agli alberi che alle persone, lo stesso Zaia ha parlato sempre degli schianti. E noi che abbiamo perso tutto?». 
IL SINDACO
E la donna non ne risparmia neanche al sindaco Roberto Padrin: «Mi ha detto che mi avrebbe chiamato, sono ormai settimane che non lo sento. Il sindaco mi ha sempre aiutata e ci credo tuttora, però il tempo passa». E il sindaco afferma: «Io comprendo il disagio, so che è una situazione difficile, ma in questo momento bisogna avere pazienza che i soldi arrivano. Nel giro di qualche giorno il fondo welfare e entro due mesi sarà fatta un’istruttoria e arriveranno i danni».
LA STORIA
La saggezza di papà Vincenzo Teza, sopravvissuto del Vajont, consiglia alla figlia di lasciare perdere. Di non andare avanti in questa battaglia, che per lui è già persa. Lui che si è salvato dal disastro solo perché era in Germania a lavorare, ma in quella tragedia ha perso i genitori, 4 fratelli e uno zio. Quella casa di La Muda dove viveva la figlia, se l’è fatta lavorando all’Enel, per anni. Con fatica e con sudore. «Voglio metterla a posto per fargli vedere che i suoi sacrifici sono stati ripagati. Voglio che sia tranquillo vedendomi in quella casa. Ma siamo a metà aprile e sarebbe necessario partire ora con i lavori interni, in modo da poter essere pronti per l’inverno. Sinceramente a questo punto, non so proprio se ci riuscirò», conclude Maria Rosa. La donna non si dà per vinta e va avanti. 
Ultimo aggiornamento: 16 Aprile, 08:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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