Camorra. L’industriale, il boss e quei monili antichi da 750mila euro

Giovedì 28 Febbraio 2019 di Gianluca Amadori
Camorra. L’industriale, il boss e quei monili antichi da 750mila euro
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È un pozzo senza fondo l’inchiesta che, la scorsa settimana ha portato all’arresto di 50 persone, ritenute vicine al clan dei casalesi capeggiato da Luciano Donadio, radicatosi da almeno vent’anni nella zona di Eraclea. Dalle oltre 30 mila pagine di atti depositati dalla Procura, ne emergono alcune che contribuiscono tratteggiare con profili inquietanti la figura di Samuele Faè, l’ex carabiniere e imprenditore che, pochi giorni prima dell’arresto si era dipinto come povera vittima di Fabio Gaiatto, il broker di Portogruaro sotto processo con l’accusa di aver truffato centinaia di risparmiatori.

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In una memoria integrativa di inizio gennaio, il pm Terzo evidenzia alcune telefonate nelle quali si parla della disponibilità di Faè a reperire armi automatiche in Serbia per conto di Donadio; della possibilità di trasferire ingenti quantitativi di denaro, provenienti da false fatturazioni, da investire all’estero, grazie ai «suoi torbidi commerci»; di ottenere informazioni riservate in relazione ad inchieste in corso, grazie ai rapporti e alle relazioni intessute negli anni in cui vestiva la divisa dell’Arma.
 
Ma non solo. I finanzieri del Gico ricostruiscono il suo ruolo in una singolare vicenda che coinvolge anche uno dei più importanti imprenditori del Veneto, Michele Ameduni, delle Acciaierie Valbruna di Vicenza. Tutto ruota attorno ad una serie di antichi monili etruschi, che l’industriale (che è bene specificarlo: non è indagato) spiega di aver ereditato dal padre, e che vengono venduti per 750 mila euro a Gaiatto, che all’epoca, siamo nel 2017, è ancora apparentemente solido e solvibile (il crac venne alla luce all’inizio del 2018). 
MONILI FALSI
Completato l’affare, però, il broker contesta l’autenticità degli oggetti, sostenendo che sono falsi e minaccia di inviare “dei napoletani” per dare una lezione ad Amenduni e Faè (che collaborava con l’imprenditore nell’importazione dei metalli), conosciuti in quanto, secondo quanto risulta alle Fiamme Gialle, in precedenza avevano investito da lui, un’ingente somma di denaro: si parla di 7 milioni di euro.
È a questo punto che entra in campo Donadio. A chiedere il suo intervento è lo stesso Faè. Il boss casalese accetta di fare da mediatore, per portare pace tra l’industriale e il broker. Una disponibilità in qualche modo interessata, in quanto Gaiatto si rifiuta di restituire il denaro affidatogli a titolo di investimento da Faè se non gli verranno restituiti i 750 mila euro versati per i monili, e il boss casalese confida di lucrare una sostanziosa mediazione. 
Come primo passo, Donadio incontra Gaiatto, alla presenza dell’ex carabiniere e imprenditore Claudio Casella, e s’impegna alla soluzione del caso. Poi si reca a Vicenza, nella sede delle Acciaierie Valbruna, dove incontra Amenduni e raggiunge un accordo, di cui informa successivamente Gaiatto: «Ti restituisce quello che gli hai dato con gli interessi...», lo rassicura.
Successivamente, conversando con Faè, Gaiatto spiega che Amenduni avrebbe confermato che «all’epoca suo padre ha preso una fregatura» e si scusa per averlo ritenuto responsabile della truffa ai suoi danni.
TRAFFICO DI REPERTI
I reperti, scrivono gli uomini della Guardia di Finanza sarebbero stati quindi trattenuti in parte da Donadio, in parte da Giacomo Fabozzi e per una piccola quota da Faè che, nel 2018, avrebbe cercato di venderli: la polizia, però, lo blocca mentre si sta recando a Firenze per incontrare un possibile acquirente. 
Gli oggetti vengono posti sotto sequestro: si tratta di un calice d’oro, un bracciale e una navicella portaincenso, trasportati all’interno di una valigetta metallica, assieme ad un passaporto diplomatico, rilasciato dalla Repubblica di Guinea Bissau, poi risultato alterato. Faè spiega di aver importato i monili dallo Zimbabwe, su incarico di un imprenditore di un’acciaieria spagnola, ma per gli investigatori si tratta degli stessi oggetti di Amenduni.
Donadio è soddisfatto dell’operazione anche per un altro motivo: ha fatto un favore Gaiatto e conta di poter aver presto una contropartita.

Ultimo aggiornamento: 11:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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