Oltre 70 cani chiusi in una stanza tra gli escrementi: aguzzini condannati

Sabato 19 Gennaio 2019
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LUSIA - Condannati a 7 mesi ciascuno i due accumulatori seriali di cani, una coppia residente a Cavazzana, a processo per due distinti sequestri per lo stesso identico motivo: aver tenuto in casa un numero esorbitante di cani, 19 nel secondo caso, che risale al marzo del 2016, addirittura 58 nel primo, nel luglio 2014.
Cani di piccola taglia, di età varia, tutti non vaccinati, chiusi in una stanza con le finestre chiuse e il cibo gettato loro sul pavimento sporco dei loro stessi escrementi. Ma soprattutto, cani fatti accoppiare fra di loro producendo una sorta di razza a sé, con gravi tare genetiche che hanno prodotto problemi di salute e comportamentali.  
FENOMENO CONDANNATO
L’accumulo seriale di cani, fra Lusia e Lendinara era stato oggetto, anni fa, anche delle attenzioni di “Striscia la notizia”. Molti di questi cani si trovano ancora nel Rifugio Cipa di Fenil del Turco, perché le condizioni nelle quali sono stati tenuti per lungo tempo ha influito pesantemente, rendendo difficile la loro adozione. Anche per questo la Lega nazionale per la difesa del cane, sezione di Rovigo, che gestisce il Rifugio, ha chiesto e ottenuto la costituzione come parte civile nel processo. 
La vicepresidente e avvocato Lia Tamburin, nella sua arringa, ha chiesto un risarcimento per l’associazione, che ha dovuto sostenere l’onere di prendersi cura di un numero così elevato di cani, arrivando ad aumentare di oltre un terzo la capienza del canile, fra l’altro con problemi particolari: «Sono una razza a parte, li chiamiamo i lusiani - ha spiegato – Molti non avevano mai visto la luce del sole, tenuti in una stanza con le finestre chiuse con sacchi neri, con un’aria irrespirabile e sporcizia inimmaginabile». 
Il giudice Laura Contini, riconoscendo le ragioni dell’associazione ha condannato i due imputati anche al pagamento di una provvisionale, un anticipo immediato, di 3mila euro, con l’esatto ammontare del risarcimento da decidersi in sede civile. Il giudice ha anche riqualificato il capo di imputazione, che per i fatti del 2016 prevedeva l’accusa di maltrattamento di animali, in quello già contestato per i fatti del 2014, ovvero il reato contravvenzionale di abbandono di animali, nel comma che punisce «chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze». 
CONDIZIONI PENOSE
La coppia doveva rispondere anche di disturbo della quiete pubblica per il rumore provocato dall’abbaiare continuo, nonché per le esalazioni maleodoranti che provenivano dall’abitazione. Per le difese, i due non si rendevano conto della situazione attribuendo il comportamento a un disturbo da accumulo, noto anche come “Sindrome di Noè”. Trovando, in qualche modo la conferma da parte della presidente della Lega per la difesa del cane Ilaria Ghinello: «Un tempo dovevamo fare i conti soprattutto con il randagismo e gli abbandoni, ora il problema sono gli accumulatori seriali, che creano situazioni esplosive. In Polesine, oltre a questo caso e a quello scoperto a Ceneselli siamo a conoscenza e abbiamo segnalato almeno altre cinque situazioni analoghe. Non è amore per cani, è situazione patologica».
Ultimo aggiornamento: 08:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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