Fredy Pacini è crollato in un pianto a dirotto nell'ufficio del pm Andrea Claudiani dove doveva essere interrogato, e sotto il peso di questa tensione, consigliato dai suoi difensori, si è avvalso della facoltà di non rispondere negli uffici della procura di Arezzo.
LEGGI ANCHE Folla alla fiaccolata per Fredy Pacini
L'autopsia ha accertato che il moldavo è stato raggiunto da due colpi. Uno, vicino a un ginocchio e frontale, ma l'altro, andato più in alto, definito 'fronto-laterale', ha colpito il ladro all'altezza del bacino lesionando un'arteria femorale. È il colpo mortale. Il 29enne, è emerso sempre dall'autopsia, è morto per una emorragia interna, «uno choc emorragico» causato da questo sparo. E ora per i difensori ci sono «criticità sulla direzione di questo proiettile», tali da far rinviare l'interrogatorio fra 60 giorni quando sarà disponibile la relazione del medico legale. «Ma quale criticità? Una deviazione?», è stato loro chiesto dai giornalisti. «C'è il segreto istruttorio ma sono tre le ipotesi», hanno detto. La ricostruzione balistica, per ora basata su rilievi e autopsia (il medico legale e i consulenti si sono dilungati molto con la Tac proprio per individuare le traiettorie), sposta parecchio la questione della legittima difesa e in particolare dell'eventuale eccesso, cioè l'accusa mossa con l'omicidio colposo a Fredy Pacini.
Ad ogni modo è tutto rinviato al tempo necessario per disporre della relazione del medico legale e anche del nuovo sopralluogo se il pm deciderà di farlo. Mentre una perizia balistica adesso è ancora un'opzione «eventuale». Pacini intanto rimane un uomo sconvolto e anche la prossima notte non dormirà in ditta, come invece ha fatto per anni. I suoi concittadini intanto fanno una fiaccolata a suo sostegno nelle strade di Monte San Savino, un paese che sta guardando con sospetto l'autostrada «da cui arrivano i ladri», dice la gente. Proseguono le indagini dei carabinieri. Gli investigatori hanno scoperto che il moldavo ucciso aveva numerosi precedenti per furti in Italia e che la procura di Milano lo cercava in esecuzione di un'ordine di carcerazione. In Italia era rientrato a settembre con un passaporto col cognome della moglie, cosa legale in Moldavia ma anche un modo per non farsi identificare in caso di controlli delle forze dell'ordine italiane.