Joachim Ronneberg, morto il partigiano norvegese che fermò la bomba atomica di Hitler

Lunedì 22 Ottobre 2018
Joachim Ronneberg
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Hollywood si innamorò di lui negli anni '60, realizzando un film per glorificare la sua impresa, con Kirk Douglas degno protagonista del kolossal 'Gli eroi di Telemark'. Il partigiano norvegese Joachim Ronneberg, scomparso oggi a 99 anni, è stato in effetti tra le figure più emblematiche della guerra al nazismo perché con uno sparuto gruppo di amici riuscì a fermare le ambizioni nucleari di Adolf Hitler, sabotando un impianto idroelettrico nel suo paese, essenziale per la produzione della prima bomba del Reich. La vita dell'uomo che fermò l'atomica di Hitler ha i contorni di un romanzo fin dalla giovane età. Nel '40, a 21 anni, scappò dalla Norvegia occupata dai nazisti a bordo di una barca, insieme con otto amici.

Ma la sua idea era di ritornare a combattere l'invasore. Nel frattempo la Germania, forte dei suoi successi militari su vari fronti della Seconda Guerra Mondiale, inseguiva gli Alleati nella corsa agli armamenti nucleari. Quindi aveva bisogno della cosiddetta acqua pesante, con particelle atomiche nel suo nucleo di idrogeno. L'unico impianto in grado di produrre grosse quantità di acqua pesante in quel periodo era la centrale idroelettrica di Telemark, nel sud della Norvegia. Abbastanza da diventare un obiettivo della Resistenza. Nel '42 ci fu una prima azione di sabotaggio, che tuttavia fallì. L'anno dopo, Ronneberg scelse un ristretto gruppo di compagni, dando il via all'operazione "Gunnerside", sotto comando alleato. «Eravamo una gang di amici che volevano fare il lavoro insieme», ha raccontato Ronneberg alla Bbc nel settantesimo anniversario della missione, nel 2013.

Il commando si paracadutò su un altopiano, attraversò il paese sciando, scalò un burrone e attraversò un fiume ghiacciato. Infine, utilizzando la ferrovia, raggiunse l'impianto, riuscendo a piazzare l'esplosivo e a far saltare tutto. «Abbiamo pensato molto spesso che si trattasse di un viaggio di sola andata», ha ricordato il capo della missione. Anche la fuga fu altrettanto rocambolesca: oltre 300 km sugli sci fino in Svezia, inseguiti da migliaia di soldati tedeschi. «Il miglior weekend sciistico che abbia mai avuto», ha commentato a tanti anni di distanza Ronneberg. Concedendosi dell'ironia per spiegare l'azione di sabotaggio più riuscita della guerra. Che abbinata ai raid americani l'anno successivo costrinse i tedeschi ad abbandonare i loro piani nucleari.

Il partigiano Ronneberg, pur rendendosi conto della portata della sua impresa dopo le atomiche lanciate dagli Usa su Hiroshima e Nagasaki nel '45, è stato per molti anni riluttante a parlare della sua esperienza, nonostante la pubblicazione di numerosi libri, documentari e serie tv. Negli anni '70, tuttavia, ha rotto il silenzio. Grazie anche al suo lavoro di giornalista radiofonico, è cresciuta in lui la voglia di raccontare ai giovani i pericoli della guerra. E far capire alle nuove generazioni che «dobbiamo essere sempre pronti a lottare per la pace e la libertà». Con la sua scomparsa, la sua storia non cesserà certamente di essere raccontata. Perché il partigiano Ronneberg, come ha spiegato la premier norvegese Erna Solberg, «è probabilmente l'ultimo dei combattenti della Resistenza più conosciuti ad andarsene»
Ultimo aggiornamento: 18:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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