Ruolo e limiti/ Le mani legate della flotta Ue sulla rotta libica

Martedì 10 Luglio 2018 di Gianandrea Gaiani
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Dopo le Ong anche le navi militari Ue di Eunavfor Med e dell’agenzia delle frontiere Frontex verranno bandite dai porti italiani se vorranno sbarcavi migranti soccorsi in mare. L’occasione per aprire l’ennesimo fronte nella questione migratoria l’ha offerta lo sbarco in Sicilia di oltre 100 clandestini soccorsi dal pattugliatore irlandese “Beckett”, assegnato ad Eunavfor Med.
L’annuncio del ministro degli Interni, Matteo Salvini, che al summit con gli omologhi europei chiederà formalmente di recepire questa nuova direttiva, ha determinato qualche irritazione nel governo, specie alla Difesa dove si ricorda che Eunavfor Med è un’operazione militare gestita dai ministeri di Esteri e Difesa. Diatribe che si sarebbero potute evitare se l’annuncio di chiudere i porti anche ai migranti imbarcati sulle navi militari Ue fosse giunto da Palazzo Chigi invece che dal Viminale, anche se avere ben quattro ministeri coinvolti nelle diverse operazioni in atto tra la Libia e la Sicilia (c’è anche quello delle Infrastrutture, da cui dipende la Guardia Costiera) non aiuta, come già era emerso l’anno scorso con l’iniziativa di Marco Minniti.
La missione di Eunavfor Med, come quella di Frontex, venne varata nel 2015 su richiesta di Roma per affiancare le forze navali italiane, usurate dall’intenso impiego e dall’operazione di soccorso Mare Nostrum. La flotta di una mezza dozzina di navi posta sotto il comando dell’ammiraglio Enrico Credendino, ebbe l’ordine da Federica Mogherini, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza Ue, di «contrastare il modello di business» dei trafficanti.
Compito indecifrabile sul piano militare e infatti in tre anni Eunavfor Med ha raccolto molte informazioni d’intelligence sui trafficanti ma non ha mai potuto combatterli davvero perché non autorizzata a penetrare nelle acque libiche, né a intercettare i cargo commerciali che portano da Malta alla Libia i gommoni “made in China” utilizzati dai trafficanti.
La flotta europea, che deve anche contrastare i traffici di armi, l’export illegale di petrolio libico e addestrare la Guardia Costiera di Tripoli, ha appena imbarcato una cellula di Europol e in tre anni ha affondato 551 gommoni e barconi dopo aver soccorso e sbarcato in Italia 45 mila migranti che si trovavano a bordo.
Meno del 10 per cento di quanti sono sbarcati negli ultimi tre anni ma pur sempre un numero ragguardevole, soprattutto tenendo conto che il soccorso non rientra tra i compiti della flotta Ue, nata per combattere i trafficanti ma che porta il nome, Sophia, di una bimba somala venuta alla luce a bordo di una nave militare tedesca.
Anche l’operazione navale di Frontex (prima Triton, ora Themis) dovrebbe «aumentare la sicurezza delle frontiere esterne attraverso il controllo dei flussi migratori irregolari e il contrasto della criminalità», ma di fatto ha contribuito a soccorrere i migranti e sbarcarli in Italia.
Difficile quindi sostenere che le missioni Ue non rientrino anche nelle competenze del ministero degli Interni se quelle navi hanno sbarcato in Italia decine di migliaia di migranti illegali e pure il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ha espresso la necessità di cambiare gli accordi che hanno finora visto Roma accogliere tutti i migranti illegali. 
Del resto nel giugno 2017 fu il governo Gentiloni a minacciare di chiudere i porti alle navi straniere cariche di migranti e Minniti disse con un filo d’ironia delle flotte Ue che sarebbe stato ancora più orgoglioso dell’Europa se ogni nave, dopo avere salvato i migranti, invece di sbarcarli in Italia «almeno una volta li portasse in un altro porto europeo».
L’Italia oggi ribadisce quindi che non è più disposta ad accogliere migranti illegali correndo il rischio che venga meno la già precaria solidarietà dei partner e che molti Stati ritirino le navi dalle flotte Ue oppure pongano dei “caveat”, rifiutando di impiegarle in soccorso a gommoni e barconi. Eunavor Med è composta da navi francesi, irlandesi, tedesche, spagnole e slovene guidate dall’ammiraglia italiana “San Giusto”. L’eventuale ritiro di alcuni partner decreterebbe la fine dell’operazione, palesando ancora una volta la solitudine dell’Italia e accentuando la crisi tra Roma e la Ue.
Il ripristino del Trattato di amicizia italo libico del 2008, chiesto da Tripoli, potrebbe offrire una soluzione con la consegna ai libici (che già pattugliano un’area per la ricerca e soccorso e riceveranno presto nuove motovedette italiane) dei migranti soccorsi da navi militari europee e che verranno poi rimpatriati dall’Onu.
Si tratta dell’unica opzione in grado di chiudere la “rotta libica” ma il 2 luglio la portavoce della Commissione Ue per la migrazione, Natasha Bertaud, ha affermato che «non ci saranno mai dei rimpatri dell’Ue verso la Libia o navi europee che rimandano i migranti in Libia».
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