Bebe Vio, 20 anni da fenomeno: «E metto su casa da sola»

Mercoledì 1 Marzo 2017 di Redazione Sport
Bebe Vio, 20 anni da fenomeno: «E metto su casa da sola»
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«Vado a vivere da sola». Bebe Vio sabato compie 20 anni e - racconta all'Ansa - fa «una scelta di crescita: a questo punto non sono più una teenager, devo cominciare a vivere le cose da grande». La campionessa paralimpica, icona di personalità e determinazione, ha scelto Milano come città d'elezione. Piena di impegni, non solo sportivi visto che c'è da mettere su casa, trova però il tempo di raccontare, con il padre Ruggero in qualità di seconda voce narrante, i suoi 20 «intensissimi» anni.

«Bebe - attacca papà Ruggero - è sempre stata una bambina vivacissima. Si è fatta notare sin dal primo giorno che è nata, piangeva sempre, non dormiva mai». Determinazione e forza di volontà sono elementi imprescindibili del suo essere, come quando a due anni pretese di portare giù dalle scale di casa una valigia che era più grande di lei: «io posso fare tutto quello che voglio», lo disse allora, e quella frase è diventata una sorta di motto, il motore della sua vita. A quattro anni Bebe inizia a fare sport, come tante bambine della sua età mamma Teresa e papà Ruggero la iscrivono ad un corso di ginnastica artistica, alla prima gara sociale, dopo essersi fatta spiegare cosa fosse una "gara", la piccola Bebe dimostra una innata predisposizione all'agonismo e vince. Ha solo quattro anni. E quando, qualche mese dopo deve prepararsi al saggio finale, Bebe decide di non farlo, «se non si vince, non voglio farlo», e non lo fa.

 
A cinque anni il colpo di fulmine con la scherma: Bebe è iscritta ad un corso di pallavolo, ma si annoia, nella palestra accanto tirano di scherma: «è stato amore a prima vista, una vera e propria folgorazione». Nel frattempo Bebe cresce, va a scuola, e dimostra tutto il suo carattere e la sua determinazione. A 9 anni scrive una lettera al sindaco di Mogliano Veneto per lamentarsi dei pericoli della strada vicino casa, dove c'è un continuo via vai di mezzi pesanti e il fratello Nicolò (di due anni più grande) non può prendere la bicicletta per andare a prendere lo scuola bus. Bebe raccoglie le firme nel vicinato e la porta dal sindaco: «qualcuno deve farlo, allora lo faccio io», dice. A scuola si candida per il consiglio comunale dei ragazzi, anche se frequenta ancora le elementari. Manco a dirlo viene eletta e si occupa di sicurezza stradale e riesce a far fare la pista ciclabile vicino casa. D'estate va a 'lavorarè nell'asilo nido di un'amica di famiglia, accompagna la sorella minore Sole, e aiuta i bambini a imparare a camminare.

 A 11 anni la malattia, una meningite devastante. Perde braccia e gambe. «La vita è ricominciata al centro protesi», racconta. Uscita dall'ospedale Bebe è stata due mesi a casa, «è stato un momento molto difficile, faticoso, doloroso», poi al centro protesi la ripartenza. «Era il mese di giugno, ci dissero che ci volevano sei mesi», ma Bebe fu categorica: «ad agosto devo andare all'isola d'Elba al mare». Nessuno credeva che Bebe sarebbe riuscita nella sua sfida «e invece dopo 9 settimane eravamo all'Elba». Una sfida vinta con determinazione dandosi obiettivi a breve, medio e lungo termine. «Ogni lunedì - spiega il padre - puntava il più bravo e tutta la settimana lavorava per migliorare fino a sfidarlo il sabato ed a vincere la sua sfida. Nove settimane dopo è uscita dal centro protesi, l'hanno definita un fenomeno». Bebe è una che non si arrende, e che pretende moltissimo. camminare bene non le basta, vuole fare tutto come gli altri, meglio degli altri «solo così - dice - la vita ti gratifica. Bisogna provarci sempre, come è capitato con il selfie con Obama». A 12 anni, dopo la malattia e le amputazioni Bebe impara nuovamente a camminare e torna in quell'asilo nido dove fino a un anno primo aveva insegnato ai bambini a camminare. E vuol tornare anche a fare scherma. Ma come si fa a tirare di scherma senza braccia? Una domanda che Bebe nemmeno vuol sentire.

Nel Natale del 2009 va a Roma per fare un "provino" con Fabio Giovannini, allenatore della nazionale paralimpica, le legano il fioretto alle protesi con lo scotch e lei fa vedere cosa sa fare.

A gennaio 2010 il primo prototipo di protesi per la scherma, da allora quattro i modelli che sono stati realizzati, e in mezzo ci sono le tante vittorie di Bebe, culminate con l'oro olimpico di Rio. Nel 2012, alle paralimpiadi di Londra è tedofora ma ha chiari gli obiettivi futuri: i Giochi di Rio 2016, la copertina di Sportweek, quella di Vanity Fair, entrare in Polizia e la Nike: centrati praticamente tutti. La famiglia, gli scout, la scuola, la scherma, gli amici, quelli dell'Elba sono il motore di Bebe Vio. E il futuro? Le paralimpiadi di Tokyo 2020 (delle quali è testimonial), poi nel 2024 vuole candidarsi alla presidenza del comitato paralimpico e nel 2028 alla presidenza del Coni «voglio unificare i due comitati in un unico comitato. Lo sport è unico. Dopo la rinuncia della Raggi a Roma 2024 ora punto a Milano 2028».

Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 10:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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