Prima l'Ungheria e poi Praga, la vera svolta del Pci è stata con Berlinguer nell'81 e non nel 44 a Salerno

Domenica 1 Dicembre 2019
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Caro direttore,
è sbagliato ritenere gli elettori di destra meno intelligenti di quelli di sinistra. Tuttavia leggo molte lettere di persone che dimostrano di conoscere poco o nulla della storia del Partito comunista italiano. Ad esempio è ricorrente la convinzione che gli attuali personaggi della sinistra abbiano ereditato lo spirito illiberale ricevuto dall'Unione Sovietica di Stalin. Hanno ragione se si riferiscono al Pci prima della Svolta di Salerno (1944), in cui il Partito comunista guidato da Togliatti entrò nel governo Badoglio. Dopo quella Svolta, in tutti gli anni successivi, il Pci divenne un Partito Socialdemocratico. Lo dimostrano i fatti: sempre Togliatti, nelle vesti di ministro della Giustizia, volle una pacificazione del Paese e fece approvare una amnistia per tutti i fascisti colpevoli di piccoli (e meno piccoli...) reati. Confermò nelle alte cariche dell'esercito, della polizia e della burocrazia molti gerarchi fascisti. Sempre Togliatti fece approvare l'articolo 7 della Costituzione che confermò il Concordato del 1929 tra Santa Sede e Mussolini. Nel 1948 il leader del Pci subì un attentato quasi mortale. Prima di entrare in sala operatoria Togliatti impedì una guerra civile quasi certa. Infine, molti parlamentari del Pci, contribuirono alla creazione dell'attuale Costituzione liberal-democratica. Negli anni successivi il Pci si schierò contro le Brigate rosse e Berlinguer preferì l'Ombrello della Nato. Più Socialdemocratici di così! 


Franco Vicentini 

Caro lettore, 
molti non conoscono la storia, ma chi la conosce deve sfuggire alla tentazione di darne una lettura un po' parziale o troppo interessata. La svolta di Salerno del 1944 è stata certamente un passaggio importante nella storia non solo del Pci ma dell'intero Paese. Tuttavia se con quella svolta il Pci fosse diventato davvero un partito socialdemocratico, nel 1956, ossia 13 anni dopo, in occasione dell'invasione dell'Ungheria da parte dei carri armati inviati da Mosca, il segretario del Pci Palmiro Togliatti non si sarebbe schierato nettamente a fianco dell'Unione Sovietica e non avrebbe mandato il 30 ottobre di quell'anno una lettera al Comitato centrale del Pcus in cui definiva rivolta controrivoluzionaria la rivolta libertaria e anti sovietica del popolo ungherese. Ugualmente, in occasione della primavera di Praga nel 1968, un Pci socialdemocratico non si sarebbe limitato ad esprimere rispettose critiche nei confronti del micidiale intervento militare dell'Urss per reprimere la svolta riformista di Alexander Dubceck. Avrebbe spezzato definitivamente il suo legame con l'Unione Sovietica di cui invece continuò ad essere di fatto un partito satellite. Bisognerà attendere il 1981 e una celebre tribuna politica televisiva in cui il segretario del Pci Enrico Berlinguer definì esaurita la capacità propulsiva della Rivoluzione d'ottobre e del modello sovietico per poter parlare di rottura con Mosca e di una scelta di campo occidentale da parte dei comunisti italiani. Ma questo avvenne quasi 40 anni dopo la svolta di Salerno. L'aver atteso così a lungo, non aver preso atto già dopo i fatti di Budapest e di Praga di una realtà che era già chiara e cioè del tragico fallimento del modello sovietico e della deriva totalitaria e criminale del cosiddetto socialismo realizzato, è stata una grande e grave responsabilità del Pci e dei suoi gruppi dirigenti. Che ha pesantemente condizionato la storia italiana e impedito che nel nostro Paese, al contrario di quanto è accaduto nel resto d'Europa, nascesse un grande partito di impronta socialdemocratica. 
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