I freni allo sviluppo Veneto? Tasse, burocrazia, pochi investimenti

Giovedì 28 Novembre 2019 di Angela Pederiva
I freni allo sviluppo Veneto? Tasse, burocrazia, pochi investimenti
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Troppe tasse, eccessiva burocrazia, pochi investimenti. Sono questi i tre principali freni alla corsa di quella che invece vorrebbe ancora essere la locomotiva d'Italia, secondo i risultati dell'indagine che Unioncamere Veneto presenterà domani a Monastier di Treviso. «Ne esce la fotografia di un territorio arrabbiato con lo Stato, ritenendo che abbia contribuito poco e male al suo sviluppo e che la crescita registrata in questi anni sia il frutto solo della volontà e dell'impegno delle proprie imprese e delle amministrazioni locali», sintetizza Enzo Risso, direttore scientifico dell'istituto di ricerca.
 
GLI OSTACOLISulla base delle interviste realizzate a 400 imprenditori e a 966 cittadini, emerge una percezione di moderata positività rispetto alla situazione veneta e aziendale. Benché l'economia venga considerata in peggioramento negli ultimi cinque anni, le ditte sembrano reggere l'urto, tanto che sia dal campione aziendale che dalla platea generale provengono segnali di fiducia in un possibile miglioramento. Viene però evidenziato il bisogno di cambiamenti, rispetto agli ostacoli che occorre superare e che le imprese elencano in quest'ordine: burocrazia statale (62%), forte tassazione (59%), mancanza di una politica per trattenere i giovani talenti (28%), mancata autonomia regionale (27%), carenza di investimenti infrastrutturali statali (21%), mancanza di una politica nazionale per favorire l'arrivo di investimenti privati (17%), mancata velocizzazione della giustizia (16%), vincoli del patto di stabilità (14%).
Già da questa lista spicca la convinzione che a limitare lo sviluppo siano i fattori nazionali (71%, dato che sale al 77% tra i cittadini), più che quelli locali e internazionali (entrambi raccolgono infatti il 12% delle opinioni). La sensazione è che, quanto agli investimenti dello Stato, il Veneto in particolare sia stato trascurato: lo pensa il 38% di industriali, commercianti, artigiani e professionisti, ma tra i cittadini la quota sale addirittura al 51%, che è anche la stessa percentuale di chi vede per contro un Sud privilegiato. «Evidentemente la crisi ha picchiato più duro sul ceto medio, alzando il livello della preoccupazione per il futuro dei figli e aumentando il tasso di disagio sociale», osserva Risso. «Ma l'Italia è fortunata che noi veneti non siamo come i francesi sottolinea Mario Pozza, presidente di Unioncamere Veneto perché siamo in grado di trattenere la nostra rabbia senza farla esplodere come i gilet gialli, incanalandola piuttosto nei tavoli delle richieste che le nostre Camere di Commercio avanziamo ad esempio in materia di innovazione». In questo campo, mancano investimenti in ricerca e sviluppo per il 47% delle imprese interpellate da Swg e nelle tecnologie per il 36%, ma anche nella banda larga (20%), nell'accesso al commercio elettronico (19%) e nella digitalizzazione dei servizi (15%).
GLI INTERVENTIPer sostenere la crescita del Veneto, lo Stato secondo le aziende dovrebbe semplificare la burocrazia (53%), investire sui giovani, sulla formazione professionale e sull'innovazione tecnologica (27%), sostenere le nuove imprese (23%). Tradotto: meno carte, più formazione e tecnologia, più startup, ancora prima che sbloccare i piccoli cantieri (12%), abbassare i costi dell'energia (10%), incentivare la produzione green (10%). Quanto invece alle grandi opere, per il 35% è prioritario terminare la terza corsia della A4 tra San Donà di Piave e Palmanova e per il 31% il completamento della Pedemontana, mentre la banda larga (27%) supera l'Alta Velocità (22%) e l'asse ferroviario Monaco-Verona (21%). Curiosità: solo il 7% degli imprenditori sollecita l'ultimazione del Mose, ma va detto che sono stati intervistati a luglio, quattro mesi prima dell'aqua granda...
Di sicuro due elementi sono parimenti fondamentali per le imprese: per l'82% è molto o abbastanza strategico sviluppare il più possibile la banda larga per lo sviluppo del sistema economico regionale e per l'81% l'autonomia regionale può incidere molto o abbastanza nella crescita. Su questo i produttori di merci e di servizi si dicono disponibili a fare la propria parte, innovando processi (37%) e prodotti (29%), introducendo nuove strategie di vendita e di marketing (22%), riducendo i costi di produzione e creando alleanze tra imprese (19%), investendo nell'e-commerce (16%), migliorando il sistema di finanziamento e il controllo di gestione (14%). «Siamo pronti alla sfida conclude Pozza e stanchi di sentirci dire che vogliamo scappare dall'Italia: casomai è l'Italia che ci sta isolando, come si è visto in questi giorni con i tagli ai treni verso Torino dopo quelli agli aerei verso Roma».
Angela Pederiva
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