Si blocca il contratto dei precari: al Cro inizia la fuga dei ricercatori

Venerdì 22 Novembre 2019 di Davide Lisetto
I ricercatori del Cro durante una manifestazione
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PORDENONE Solo due mesi fa era sembrato che tutte le premesse per risolvere l’infinita vicenda dei ricercatori precari del Cro di Aviano potessero portare a una conclusione positiva della situazione. A fine settembre la direzione generale dell’istituto avianese aveva anche firmato il provvedimento che prevede l’inserimento nell’organico del centro oncologico di 93 posti da riservare proprio a quei ricercatori e al personale di supporto che sarebbe rientrato nei requisiti previsti (la cosiddetta “piramide” di inquadramento) dal nuovo contratto nazionale della sanità che doveva entrare in vigore entro quest’anno. L’iter nazionale del contratto sembra però essersi nuovamente bloccato. E nell’istituto di Aviano non avrebbe ancora trovato seguito e applicazione il provvedimento dei 93 posti in organico previsto a fine estate. E ora i ricercatori demoralizzati sono in fuga.  Insomma, nei laboratori e nelle stanze del centro avianese di ricerca e cura per i ricercatori è tornata l’incertezza più totale. Tanto che la stragrande maggioranza del personale precario ha il contratto in scadenza al 31 dicembre prossimo e non ha ancora avuto alcuna comunicazione su ciò che potrà accadere da qui alla fine dell’anno.  Ma rispetto al passato - ogni anno i circa 130 addetti alla ricerca precari hanno dovuto lottare e manifestare per riuscire a ottenere il rinnovo-tampone, cui la Regione all’ultimo ha sempre provveduto, di anno in anno - oggi il clima è di maggiore incertezza e sfiducia. Tanto che negli ultimi mesi si sta registrando una vera e propria fuga dei ricercatori dal Cro. A guardarsi attorno e a scappare (per qualcuno l’alternativa è rappresentata dalla scuola, spesso però anche in cattedra il posto è come insegnante precario) sono sia giovani “borsisti” che ricercatori più “anziani” che lasciano l’istituto dopo più di qualche anno di lavoro sempre con contratti a termine. Da dopo l’estate in media uno o due “lavoratori della scienza” ogni settimana abbandona l’istituto per cercare altre occupazioni altrove. Una perdita di competenze e di “cervelli” non solo per l’istituto pedemontano - considerato un’eccellenza nazionale nella lotta ai tumori - ma anche per il territorio del Friuli occidentale che su queste competenze in passato ha contato anche per delle collaborazione con start-up imprenditoriali. «È proprio il clima di grande incertezza - sottolineano dal Coordinamento interno dei precari del Cro - che si è creato, sia rispetto al futuro contratto nazionale che alla situazione interna all’istituto, che spinge più di qualcno ad andarsene. Sono un’ottantina i ricercatori a cui scadrà il contratto a fine anno e che ancora non sanno cosa potrà accadere. Solo una decina i ricercatori con un contratto che “traguarda” il 2020, ma solo per i primi due o tre mesi».
L’INCERTEZZA
La maggiore incertezza arriva dall’iter legato al nuovo contratto della sanità (per il personale di ricerca e di supporto prevede un’uscita graduale dalla precarietà con contratti di cinque anni più altri cinque sulla base di precisi requisiti e condizioni) che a Roma si è arenato. «Non è chiaro - aggiunge il Coordinamento - se la partita legata al nostro inquadramento sarà riaperta con l’Aran (Agenzia ministeriale del pubblico impiego) inserendola nel contratto nazionale oppure se la questione sarà risolta attraverso un decreto inserito nella legge finanziaria in discussione. Resta il fatto che la nostra situazione è ancora a rischio poiché non è ancora disciplinato il nostro inquadramento e mancano gli scatti che dovevano essere previsti». Intanto il 31 dicembre si avvicina e i ricercatori vedono il loro futuro a rischio. E alcuni di loro decidono di abbandonare l’istituto dove hanno lavorato - anche diversi anni - e sul quale avevano puntato per il loro avvenire.
Ultimo aggiornamento: 08:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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